Spero di provocare una discussione con questo articolo. Spero che i sostenitori del reddito di cittadinanza mi contraddicano, e, chissà, magari mi facciano cambiare idea. Dopotutto, negli ultimi anni, ho cambiato idea su un sacco di cose, magari anche qui mi ravvedo. In sostanza, sono contrario al “reddito di cittadinanza”, cioè all’istituzione, da parte dello stato, di un reddito mensile distribuito a tutti coloro che abitano nel territorio, indipendentemente dalla loro attività o condizione economica: così, solo perchè sono cittadini. E sono contrario per due ordini di motivi: uno di carattere “moral-educativo-psicologico”, e uno di carattere “finanziario-matematico”.
Morale-educativo: il messaggio implicito sarebbe: non c’è bisogno che vi diate da fare, che siate responsabili della votra vita, che risparmiate, che lavoriate, no: c’è qualcuno che pensa a voi. È un imbroglio. Non costringe ad una attività di sviluppo dell’ingegno, di affinamento dell’intelligenza, induce alla pigrizia. Ovvio che uno deve essere libero di vivere la vita che vuole: ma deve anche accettare le conseguenze delle sue azioni. Non posso uscire a mangiare la pizza con gli amici e alla fine dire: io non pago, pagate voi il mio conto. Se non vuoi pagare, non mangiare la pizza. Sei libero di non lavarti, ma poi non pretendere che la gente sia felice di starti vicino. Ognuno deve rispondere delle proprie scelte, e non costringere gli altri di rispondere e provvedere a causa dele scelte che lui ha fatto. Ho sviluppato questa convinzione dopo un periodo di vancanze passato in sud Italia, dove alcuni parenti mi hanno fatto caire come decenni di sovvenzioni e aiuti, come la cassa del mezzogiorno, abbiano contribuito a sviluppare una mentalità ed un atteggiamento di “attesa”: qualcuno deve pensare a me, perchè darmi da fare se, non facendo niente, prendo poco meno di quello che prenderei dandomi da fare?
Finanziario-matematico. La creazione di denaro non è creazione di ricchezza, penso queso sia ormai chiaro. La creazione di denaro può costituire semmai un redistribuzione (forzata) della ricchezza, e su questo non sono contrario in assoluto, ma con il reddito di cittadinanza fra quali classi sociali avverrebbe questa re-distribuzione di ricchezza? Se la creazione di denaro crea inflazione, chi sono i primi a rimetterci dall’aumento dell’inflazione? Gli stipendiati a reddito fisso e i pensionati; mentre commercianti e artigiani, che si fanno pagare di volta in volta per l’erogazione delle loro prestazioni hanno una maggiore velocità di reazione nell’adeguamento dei prezzi. Per cui questo sarebbe un trasferimento di ricchezza di due tipi: 1. dalle tasche di chi lavora e paga le tasse (a meno che i propositori del reddito di cittadinanza non vogliano anche eliminare le tasse, ma non credo) verso quelli che non lavorano; 2. dalle tasche di chi è a reddito fisso verso quelle di chi può variare il prezzo delle proprie prestazioni (questo è l’effetto dell’inflazione, inevitabile con la creazione di nuova moneta).
Mi auguro che gli amici di PBC (per il bene comune) e di altri gruppi che seguo e stimo (albamed, alternativa, losai, cdd, ecc.) vogliano contribuire ad illuminarmi sul tema.
Concordo su tutta la linea.
“La creazione di denaro non è creazione di ricchezza” andrebbe tatuato sulla fronte dei signoraggisti.
Signoraggista è chi si oppone alla DELEGA a privati della creazione e gestione del denaro. Questo secondo me deve essere invece il principale monopolio pubblico.
La più grande tassa occulta oggi è quella della rendita monetaria che va a beneficio chi crea capitale dal nulla e lo presta alla comunità, il sistema bancario. Lo stato corrotto, carnefice e complice, si presta, tramite la tassazione, a trasferire annualmente una enorme quantità di ricchezza dalla comunità ai rentier che si nascondono dietro la proprietà delle banche. Il reddito minimo garantito – che attuerebbe i principi contenuti nella Carta ONU dei diritti dell’uomo (cibo, casa, etc.) – può essere distribuito dalla banca centrale direttamente alla cittadinanza come forma di restituione parziale e/o indennizzo di detto signoragggio che – almeno in linea teorica – spetta al sovrano (popolo) e non già alla mafia bancaria privata. Per l’Italia, per il solo signoraggio della banca centrale, si tratta di 6.000 euro a testa per ogni cittadino/anno. Senza contare la rendita monetaria delle altre banche commerciali che arriva a 50 volte tale cifra… Se un reddito minimo di cttadinanzza di 1.200 euro al mese – poniamo – impigrisce chi lo percepisce, immaginiamo quale forma di pigrizia devastante viene generata dalla rendita monetaria garantita al sistema bancario che tale reddito pone al passivo del bilancio, rendendo esentasse un attivo corrispondente e quindi rubando due volte… più gli interessi imposti alla comunità per poter disporre del numerario. Il reddito minimo garantito permetterebbe di legalizzare la gestione da parte del sistema bancario della rendita monetaria effettiva dando una contropartita a chi tale privilegio concede al sistema bancario, ovvero il popolo sovrano. Altrimenti, come denunciato da più parti, si tratta solo di una giga-truffa. La redistribuzione- senza né tasse né inflazione – avverrebbe quindi tra il sistema di predazione bancaria ed il resto della comunità, ponendo un freno alla necessitò di crescita obbligata imposta da un sistema usuraio e criminale, come invece oggi avviene. In sostanzza, parte della nuova moneta emessa, invece di essere prestata al sistema, sarebbe elargita su base procapite a titolo di indennizzo e restituzzione di quanto precedentemente già predato, con benefici per almeno il 99% della popolazione. Si tratta di equità – da qui forse lo scandalo per chi scrive che evidentemente aborre un qualcosa di cui non ha mai potuto godere ?
Grazie Marco. Ma se capisco bene, per te il reddito di cittadinanza dovrebbe essere una restituzione di quanto sottratto precedentemente grazie al meccanismo del signoraggio, e fin qui ci posso anche stare. Ma ipotizzando una situazione a regime, in cui la titolarità della moneta é tornata in mano al popolo, con i benefici che ne derivano (ad esempio drastica diminuzione del prelievo fiscale, tanto per citarne una), dare tale reddito di cittadinanza che senso avrebbe? Non sarebbe una tassa generalizzata pari all’inflazinoe generata?
Anzi, rileggendo meglio la parte finale di quanto scrivi, tu lasceresti ilnsistema così come è, con ilmpotere di creare denaro in mano alle banche private, solo che questo denaro andrebbe ridistribuito…. Ma mi sembra come dire al ladro: continua pure a rubare, ma quello che hai rubato lo devi distribuire!
Alberto, l’inedia dell’essere umano non si combatte con l’obbligo di lavorare.
Occorrono le condizioni che appaghino le ambizioni personali di ogni cittadino. Il reddito di cittadinanza permetterebbe al cittadino di scegliere e non accettare lo sfruttamento, che a volte si trasforma in prostituzione.
Potremmo proporre/imporre invece che: chi lavora o si procura un reddito oltre a quello di cittadinanza, potra’ essere proprietario di uno o piu’ mezzi di locomozione, ma non possiamo privarli del diritto alla vita decorosa e la scelta di come condurla.
Uno Stato che si definisce costituzionalmente fondato sul lavoro non puo’ imporre lo stesso come dovere se ne manca il diritto, inoltre sono personalmente nauseato di sentire politici che discutono di diritto alla morte, quando manca il diritto alla vita.
Sapete cosa percepisce di pensione un invalido civile? Circa 280 euro al mese, mettiamoci un affitto basso di 150 eruo per l’abitazione, luce e gas 50 euro, rimangono 80 euro per nutrirsi, vestirsi e lavarsi, e… non ha diritto al lavoro, ne ha il dovere! In uno Stato dove le persone abili e sane non lo trovano e sono costrette ad associarsi alla criminalita’, generando la guerra tra poveri.
D’accordissimo! E’ anche tempo che lo stato smetta di trattare i cittadini come infanti.
La creazione di denaro sotto il controllo della collettività, distribuito all’emissione come RDC (accreditandolo), comporta la distribuzione tra i membri della collettività stessa della quota pro-capite delle ricchezze naturali presenti nel territorio nazionale.
Ognuno ha diritto alla sua quota di acqua, territorio, “mele e pere” di cui, tramite l’RDC che le rappresenta, ne può disporre come meglio crede; le consuma direttamente oppure le scambia con altre quote oppure ancora con il lavoro del prossimo.
Se “io” non voglio lavorare devo comunque poter usare la mia quota di ricchezza naturale (al netto del lavoro altrui) finita la quale (consumata e/o scambiata) avrò esaurito il mio corrispettivo economico e, quindi, per ricevere ancora (merci/servizi) dovrò giustamente cominciare a dare (lavoro).
Oggi invece è qualcun altro ad avvantaggiarsi della mia quota (causa espropriazione originaria, guerre, truffe, privatizzazione, eccetera) e me la “rivende”, facendomi lavorare per quello che era mio, guadagnando su quello che non è suo.
Va da sé che di pari passo con l’RDC deve necessariamente nascere un meccanismo non discriminatorio per l’ulteriore creazione del denaro necessario a rappresentare il lavoro degli individui che per quanto detto sopra non può essere ricondotto all’RDC. A questo riguardo raccomando la lettura del libro di Robert Heinlein “A noi vivi” e nella fattispecie del capitolo 9.
Per finire, maggiori beni “naturali” maggiore RDC; minori beni minore RDC. Analogamente per il denaro rappresentante del lavoro individuale.
Buona vita.
Ottimo intervento!!!!! Non perchè sia d’accordo (anche se in parte mi tenta), ma perchè ha centrato esattamente il punto: il RDC è una redistribuzione (forzata, dico io) di ricchezza. Punto centrato. Spot on, direbbero gli inglesi. Allora, se ne parliamo in questi termini, e, come diceva Marco Saba, per un periodo transitorio, potrei anche essere d’accordo, visto l’enorme disastro (in termini di sperequazione della ricchezza) che la creazione artificiale di denaro ha provocato e che si dovrebbe ristabilire.
Ovviamente rimango contrario al principio in sè applicato senza limiti (che chi non vuole fare niente deve essere sostenuto dalla collettività), ma cominciamo a smussare il contrasto ed avvicinare le posizioni.
Grazie Gianfranco.
Grazie ad Alberto, innanzitutto per lo spazio messo a disposizione.
No, la forzatura è quella attuale che sposta (parlando in termini storici possiamo dire che continua a spostare; vedi le continue privatizzazioni dei mezzi di produzione) la proprietà collettiva verso la proprietà privata.
Il RDC correggerebbe tale forzatura creando un movimento equilibratore inverso (dalla proprietà privata verso quella collettiva, cioè verso la comproprietà delle risorse nazionali) perché, grazie ad una semplice tassazione della risorsa collettiva privatizzata, spingerebbe il suo attuale proprietario o a farla fruttare mettendo sul mercato la relativa produzione (pensiamo per esempio ad un latifondo) vendendola in cambio della moneta emessa quale RDC, oppure a stornare allo Stato, cioè alla collettività, quote di quella stessa proprietà adeguate ad equivalere la tassazione richiesta.
Maggiore tassazione, maggiore velocità di restituzione o, in alternativa, maggiore produzione da immettere sul mercato; per una minore tassazione sarà vero il contrario ma, in tutti i casi , il processo sarà pacifico.
Ti sei accaparrato beni collettivi? O li fai fruttare per guadagnare moneta emessa quale RDC oppure la cedi affinché la collettività ritorni ad esserne comproprietaria.
A quel punto, o ci si attiva tutti (o quasi; vedi vecchi, bambini, malati), ognuno per fare la sua parte, oppure certo è che emettere RDC non permetterà a nessuno di “campare” 🙂 venendo a mancare il lavoro produttivo necessario (poi se avremo creato macchine capaci di lavorare per noi, bhé potremmo approfondire).
Sul limite all’emissione sono d’accordo. Ma non un limite prestabilito a priori quanto invece dinamico; cioè messo in relazione con l’ammontare dei mezzi di produzione collettivi da dividerci da bravi fratelli e sorelle.
Concludo sottolineando che stiamo evidentemente tentando un lavoro molto complesso: proiettarci in un mondo desiderato sapendo di essere in quello attuale cercando di creare una dinamica monetaria sanificata che permetta la transizione.
Bene, spero di essere riuscito a mantenere centrato il discorso tenuto conto di quanto sopra detto.
Cordialità.
Ottimo, cominciamo ad avvicinare le posizioni. Sono completamente d’accordo con te sui FINI, e mi permetto di autocitarmi perchè l’avevo già scritto in questa nota. Ma non sono esattamente sicuro che il RDC otterrebbe questo risultato. Come ho già detto, si tratterebbe di una tassa che toglie a chi è a reddito fisso e non a chi può variare il costo delle proprie prestazioni (inflazione), così come toglierebbe a chi paga le tasse e non a chi non le paga. Per fare quello che dici tu sarebbe meglio forse una tassazione sui grandi patrimoni, specialmente quelli improduttivi (come ho scritto nella nota che ho citato).
Grazie del commento.
il link della nota: https://www.ingannati.it/2011/07/25/comunista-a-chi/
Condivido anch’io una significativa sintonia di fondo ma al contempo sento il bisogno di alcune ulteriori definizioni. Non perché qui possa essere vero il contrario (cioè che non c’è coerenza) ma perché io non ho letto tutto ciò che è scritto su questo sito (e immagino questo valga più o meno anche per gli altri) e quindi, secondo me, ogni elemento di discussione dovrebbe puntare sempre alla massima coerenza intrinseca possibile rispetto a tutti gli altri.
Se io parlo di RDC lo faccio pensandolo come metodo naturale di creazione della moneta e sua distribuzione presso i membri della collettività che è comproprietaria delle risorse che quella moneta andrebbe a rappresentare. Ovviamente proporzionale ai beni contabilizzati, equamente distribuita tra tutti gli individui, per diritto di nascita.
Per rafforzare il concetto di cui sopra è utile stigmatizzare da parte mia che mai intendo il RDC come un aiuto, un sostegno a chi “è più sfortunato nella vita”, senza andare a risolvere le ragioni che determinano quella “sfortuna”.
Oggi infatti concretamente esistono sfruttati e sfruttatori, non fortunati e sfortunati.
Poi, una tassazione di tipo patrimoniale, come quella di cui abbiamo scritto sopra, non ha nulla a che fare con l’emissione della moneta quanto, piuttosto, e se la giustizia sociale dovesse veramente cominciare ad affermarsi, solo con il riequilibrio delle storture realizzate attraverso l’attuale gestione privata della moneta (creazione, emissione eccetera; in 3 parole “moneta debito bancaria”).
Risolta la questione di fondo può tranquillamente essere accantonata.
Dato però che oltre alla ripartizione dei beni collettivi, la moneta è necessaria per contabilizzare il lavoro individuale che ognuno volontariamente metterebbe a disposizione del mercato sociale, al RDC va affiancato un coerente e parallelo meccanismo di creazione ed emissione monetaria. Altrimenti ci troveremmo in una situazione in cui non esisterebbero i mezzi di scambio necessari, proporzionati alla quantità di “oggetti” da scambiare, appunto.
Ma in considerazione all’accenno sulla coerenza di poco sopra, credo che quest’ultimo aspetto meriterebbe un suo specifico spazio.
Infine devo cortesemente chiederti la gentilezza di chiarire questa tua affermazione che non ho ben compreso :
“Come ho già detto, si tratterebbe di una tassa che toglie a chi è a reddito fisso e non a chi può variare il costo delle proprie prestazioni (inflazione), così come toglierebbe a chi paga le tasse e non a chi non le paga. ”
Grazie e cordialità.
Rispondo al volo all’ultimo punto. La creazione di moneta genera inflazione. L’inflazione è come una tassa generalizzata (=diminuisce il potere di acquisto) che colpisce in maniera differenziata. Infatti chi è a reddito fisso o i pensionati non hanno meccanismi di difesa contro l’inflazione; chi eroga servizi, lavora in proprio, (parrucchere, fornai, idraulici, baristi, carrozzieri, ecc.) può invece ritoccare i prezzi delle proprie prestazioni per rispondere al diminuito potere d’acquisto della moneta.
Aggiungo, un po’ più a freddo, che sul RDC le posizioni divergono anche a fronte di visioni di base uguali. Per quanto mi riguarda, ad esempio, sono perfettamente d’accordo sul fatto che la sperequazione della ricchezza si sia venuta a creare in massima parte (non solo, ma in buona parte) grazie alla possibilità di creazione di moneta dal nulla in mano a istituzioni private (banche e banche centrali). Sono anche convinto che questa sperequazione andrebbe in qualche modo sanata, ma non riesco a vedere il RDC come soluzione. Quando critico il RDC lo faccio in maniera “asettica”, se vogliamo da matematico più che da politico: è una diluizione del valore della moneta, è inflazione, è una tassa generalizzata, non mi sembra che stia in piedi. E proprio per questo non lo utilizzerei come soluzione ai prolemi di sperequazione di cui sopra (come invece sembra suggerire, ad esempio, l’ottimo Marco Saba).
Insomma, bisogna distinguere fra soluzioni a regime, e sistemi per passare dallo stato di fatto, quello attuale, a tali situazioni a regime.
Concordo sulla necessità di distinguere fra strumenti per la transizione e soluzioni a regime.
Propongo pertanto la seguente sintesi.
Transizione:
a) restituzione alla collettività, come RDC, della rendita monetaria accumulata grazie all’attuale sistema bancario;
b) applicazione della “tassa patrimoniale”.
Regime:
a) creazione moneta del popolo immessa nella società quale RDC, distribuita pariteticamente tra tutte/i quale corrispettivo delle risorse comuni nel tempo disponibili;
b) creazione moneta del popolo immessa nella società quale corrispettivo per il lavoro socialmente valido generato individualmente nel corso del tempo.
In questo modo (una volta a regime) e matematicamente parlando, la moneta in circolazione sarà quella necessaria a contare (numerare) gli “oggetti” coinvolti negli scambi economici, ovviamente nel tempo disponibili.
Infine concordo anch’io sul rischio “divergenza” che spesso colpisce anche chi parte dalla stessa base di consapevolezza ma sono convinto che la semplice realizzazione, anche in piccoli gruppi, di un progetto concreto metterebbe tutti d’accordo sul cosa fare prima e come farlo.
Grazie e cordialità.