Grazie alla segnalazione dell’amica Paola, copio e incollo questo bel pezzo del famoso esegeta (tratto da IlSole24Ore).
-oOo-
Dieci anni fa moriva a New York la scrittrice Susan Sontag, di matrice ebraica ma dotata di una curiositas culturale onnivora e cosmopolita. Ebbene, a metà degli anni ’70, quand’era ancora quarantenne, fu colpita da una forma tumorale dalla quale, però, riuscì a guarire. Su quell’esperienza traumatica compose nel 1978 un’analisi forte e appassionata, emblematicamente intitolata Malattia come metafora (tradotta l’anno successivo da Einaudi). L’interpretazione simbolica della malattia che essa offriva infrangeva il mito dell’approccio solo tecnico, affidato alla terapia medica in modo esclusivo.
La malattia nella persona umana è, infatti, un impasto inestricabile di fisicità e spiritualità, di biologia e psicologia, di dolore materiale e di desolazione interiore.
È appunto una “metafora” esistenziale o, meglio, un “simbolo” che unisce in sé corpo e anima, per cui i sintomi non sono solo quelli registrabili dalle macchine e dai loro diagrammi ma anche dalla soggettività umana.
…
È un po’ anche per questo che in tutte le culture medicina e religione sono state a lungo sorelle, anzi, si sono confuse tra loro.
…
Detto questo, però, non si deve rifiutare la conquista – altrettanto moderna – della distinzione degli approcci: se il sofferente è uno solo pur nella complessità della sua struttura, distinti (anche se non separati) sono i protocolli degli interventi. Detto in maniera brutale, il cappellano non deve diventare un curatore che propone filtri terapeutici e il medico non deve disprezzare chi offre spiritualità e sostegno morale. Per usare una famosa locuzione di Stephen Gould, scienziato statunitense, si tratta di non overlapping magisteria, di magisteri indipendenti e non sovrapponibili tra loro che, però, s’incontrano e operano sullo stesso soggetto.
…. è interessante scoprire quale sia il vero significato dell’opera di Gesù guaritore.
Che il fatto sia indiscutibile è attestato da un dato oggettivo: quasi il 45% del racconto dell’attività pubblica di Cristo secondo il Vangelo di Marco è occupato da guarigioni, tant’è vero che un teologo, René Latourelle, ha potuto scrivere che «eliminare i miracoli di Gesù dai Vangeli sarebbe come immaginare l’Amleto di Shakespeare senza il principe». Gli interventi di Gesù sono, però, rubricati dagli evangelisti in una categoria non medica. Giovanni adotta il termine greco seméia, sono “segni” di un diverso livello, esigono cioè un’ermeneutica trascendente. Gesù non esita a rigettare ogni confusione tra malattia e colpa così da avallare un primato esclusivo della teologia sulla medicina: del cieco nato dice esplicitamente che «né lui né i suoi genitori hanno peccato perché costui nascesse cieco» (Giovanni 9,3), diversamente dall’opinione allora dominante.
La richiesta che egli fa al sofferente non è quella di applicare alcune terapie da lui escogitate ma semplicemente di avere fede perché egli – che si presenta come il Figlio di Dio – vuole proporre una rivelazione sulla meta ultima …. è quella della nuova creazione escatologica nella quale – come accade nei malati che sono da lui liberati dal loro limite come segno di quel futuro – si avrà la redenzione piena dal male. Cristo, perciò, presenta un segno in azione, una prefigurazione dinamica del futuro Regno di Dio che sarà liberato da «morte, lutto, lamento e affanno», come si legge nell’Apocalisse (21,4). È, dunque, il suo un seme deposto nel terreno della storia per delineare non un progetto “transumano” scientifico, bensì un esito trascendente. E la già evocata unitarietà psicofisica della persona esige nel “segno” un coinvolgimento di tutto l’essere, spirito e corporeità.
…
Egli, poi, non solo si confronta col male fisico, ma lo assume in sé attraverso il percorso oscuro e tragico della sua Passione. Vivendolo nella sua persona, egli vi depone la sua energia salvifica di Figlio di Dio, un principio non “farmacologico” ma trascendente che però si semina nell’unità della persona umana così da «trasfigurare il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso», come scriverà Paolo ai cristiani di Filippi (3,21).
Se il cardinale Ravasi, quanto afferma che Gesù rigetta “ogni confusione tra malattia e colpa”, intende che Egli ci mette in guardia dal sovrapporre tali due realtà (dove la seconda sarebbe meglio chiamarla col suo nome: “peccato”) dell’esistenza: allora ciò è indubitabilmente vero.
Ed è bene rimarcarlo in un momento in cui si fa sempre più spazio l’antica “teoria” reincarnazionista secondo la quale ogni nostro male vissuto in questa vita (compresi quelli congeniti) sono “conseguenze” delle colpe o delle lezioni non apprese nelle vite passate.
La legge del karma, insomma.
Se invece con quella frase Ravasi intende negare che NON VI E’ relazione tra malattia e colpa (anzi: peccato): allora ciò è profondamente falso.
Non foss’altro che, oltre alle parole di Gesù citate da Ravasi (Gv 9,3), vi sono anche quelle altre, nello stesso Vangelo giovanneo, che sono di segno RADICALMENTE opposto e che Gesù indirizzò all’uomo che era stato paralitico per trentotto anni e che Egli aveva appena guarito dopo avergli chiesto se lui VOLEVA guarire:
In questo caso, quindi: Gesù NON NEGA bensì AFFERMA l’esistenza di un legame, anche estremamente stretto, tra “malattia” e peccato.
Legame che è oggi, peraltro, ben conosciuto nei suoi meccanismi interni da chi legge Hamer (e Lipton) alla Luce del Vangelo.
Ma vi è da dire un’altra cosa: che i due episodi di guarigione (anche se quella del “cieco nato”, ossia nato senza bulbi oculari: più che una “guarigione” è una “creazione ex nihilo”. E infatti proprio per questo mandò in panico evidente i sinedriti) si riferiscono a due casi profondamente diversi.
Poiché nel primo caso (quello del “cieco nato”) la malattia (o più propriamente: la mancanza) era congenita: ossia tale dalla nascita.
Mentre nel caso del paralitico, si trattava di una malattia ormai ultra-cronicizzata (durava infatti ormai da trentotto anni) ma non era evidentemente congenita: poiché, in caso contrario, non sarebbe stata specificata la durata della stessa e si sarebbe utilizzata l’espressione “paralitico nato”.
Quindi, nello specifico:
1) Gesù NEGA l’esistenza di una correlazione di causa-effetto tra peccato e malattia, nel caso delle malattie congenite. E, nel negarla, nega la reincarnazione sulla terra ma afferma, al tempo stesso, la pre-esistenza delle Anime: libere quindi di scegliere prima della loro incarnazione e dunque anche di scegliere se essere corredentori nel corpo e quindi nascere con malattie congenite. Di tali malattie congenite la causa formale è quindi la LIBERA scelta dell’Anima (ciò dando una risposta finalmente ESAUSTIVA e COERENTE all’annoso problema del “dolore innocente”: di fronte al quale siamo finalmente in grado di percepire l’ampiezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza delle parole pronunciate da Gesù in Gv 9,3. E ci porremo in maniera radicalmente diversa di fronte a qualsiasi essere umano affetto da sindrome di down o da qualsiasi altra malattia congenita. Guardando cioé a costoro come a ciò che effettivamente sono: piccoli Gesù che hanno VOLONTARIAMENTE deciso di salire sulla Croce) mentre la causa materiale è la corruzione genetica ed epigenetica avvenuta a seguito del Peccato Originale.
2) Gesù AFFERMA l’esistenza di una correlazione di causa-effetto tra peccato e malattia, nel caso delle malattie NON congenite e che quindi si manifestano nel corso della vita. E sulle quali sia la Nuova Medicina Germanica di Hamer che la Nuova Biologia Americana di Lipton hanno molto da dire, in termini scientifici. Dando, nel dirlo, concretezza scientifica al Vangelo inteso come “manuale di vita”: infinitamente superiore a qualsiasi libro di “self-empowerment” e di “crescita personale”.
Dio ci benedica, la Madonna ci accompagni, San Michele Arcangelo scorti le nostre vie.
+Christus Vincit+
Maranathà
Grazie per i tuoi commenti sempre ricchi e ispiratori Fabio.
Però io continuo a non vedere il “prolema” del dolore innocente, e quindi a non sentire il bisogno della tua spiegazione, che in parte mi attira e in parte non accetto, cioè di una assunzione deliberata, a priori.
Il dolore innocente fa parte delle regole del gioco, se così si può dire, nel momento in cui Dio dà la libertà all’uomo, inclusa la libertà di fare del male a qualcun altro. I conti non devono per forza ritornare su questa terra, essendo questo passaggio ina porzione della nostra esistenza. Quello che noi vediamo come dolore e come male, in ottica eterna, potrebbe invece essere una grazia.
E un bambino che viene al mondo senza occhi, oppure idrocefalo, Alberto?
Da quali “regole del gioco” è dipeso?
Dall’uso dell’uranio impoverito, di cui il governo statunitense ha disseminato il Medio Oriente, l’Iraq e Falluja, in particolare?
E che è stato causa materiale delle malformazioni genetiche che si possono vedere (avendone lo “stomaco” o, meglio ancora: invocando preventivamente lo Spirito Santo. Cosa che invito CALDISSIMAMENTE a fare, prima di aprire il link) qui:
http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=3228
Tu cosa rispondi, Alberto, a coloro che vedendo le TREMENDE immagini di Falluja guardano verso il Cielo e chiedono “Perché lo permetti?”
Cosa rispondi a chi, sapendoti cristiano e cattolico, ti mostra quelle TREMENDE immagini e ti chiede ragione della speranza che dici di avere?
Credi sia sufficiente fargli un trattato sulla volontà di potenza americana a chi ti chiede “Dov’è Dio?” o “Perché non l’ha evitato?” per placare la sua arsura?
Credi sia sufficiente parlare di fusione fredda già realizzata per le mini-bombe nucleari ad uso tattico per coloro che di fronte a questo abisso di male vacillano nella Fede?
Credi sia sufficiente rispondere con la trita risposta “è un mistero che dobbiamo accettare”?
Cosa rispondi, Alberto: ad un’Anima che si presenta a te con quelle domande così IMPELLENTI?
E stiamo ancora parlando di un caso relativamente “facile”, dove si può puntare abbastanza facilmente il dito sul male commesso dall’uomo (poiché l’uranio impoverito non viene certo da Dio), per fronteggiare l’accusa di “cattiveria” nei confronti di Dio.
Che però non dà la MINIMA risposta (neanche quella insoddisfacente e parziale di cui sopra, che tiene conto del male fatto dagli uomini ai quali Dio lascia libertà di agire) a coloro che sono indotti a mettere in dubbio, di fronte a questi abomini: la Sua Onnipotenza.
E cosa succede, Alberto, se puntiamo l’attenzione sulle malformazioni congenite che hanno causa genetica ma indipendente dalle “interferenze esterne” (tipo radiazioni).
Quelle che hanno come causa materiale un’alterazione “casuale” avvenuta al momento del concepimento dello zigote? O in una “sfortunata” combinazione di geni recessivi da parte di entrambi i genitori che si manifesta nel concepito come malattia genetica?
Come rispondi a chi ti chiedeo conto di questo “male” che si presenta già all’atto del concepimento dello zigote, nel quale è infuso sin da subito un’Anima immortale che viene da Dio?
La “scienza” le attribuisce al “caso”, questi eventi: caso “sfortunato”, ovviamente. Rispetto al quale dovrebbe essere consolatorio sapere che avvengono “statisticamente” una ogni tot.
E tu, Alberto, che invece credi in Dio e non nel “caso” (reso idolatricamente “Caso”, dai più): A CHI li attribuisci quelle malformazioni genetiche congenite e delle quali non si può neanche puntare il dito sull’uranio impoverito?
Quelle di fronte alle quali (quale malformazione congenita più evidente di uno nato SENZA occhi?) i discepoli furono indotti a chiedere a Gesù:
“Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse così?”
Domanda alla quale Gesù diede una risposta INEQUIVOCABILE, a patto di volerla vedere:
“Né lui né i suoi genitori hanno peccato. Ma è così perché si manifestasse in lui l’Opera di Dio”
Gesù te la dà, la risposta, Alberto: sul perché e sul per come avvenga il dolore innocente, ossia quello subito da coloro che non hanno fatto nulla per meritarselo (a meno di non voler cascare nel “crepaccio” della reincarnazione)
Ma per coglierla: devi essere disposto a lasciare le tue già vaste ricchezze.
E vendere tutto per acquistare la Perla preziosa.
Sennò, corri il rischio di fare, prima o poi, come il giovane ricco.
Maranathà
Scusa caro Fabio se, cercando di sintetizzare (è più forte di me: un po’ perchè ho sempre fatto 4 o 5 cose insieme, un po’ perchè “il vostro parlare sia sì, sì, no, no: tutto il resto viene dal Maligno”, un po’ perchè ricordo quel divertente proverbio inglese: “Chi dice con 11 parole quello che può essere detto con 10 può anche uccidere la proprira madre” – e così facendo sto entrando nel tuo stile: di parentesi lunghissime che interrompono il fluire del discorso! 😉 ) dicevo: se, cercando di sintetizzare, rischio di banalizzare il tuo pensiero;
Che mi sembra essere: “tutti coloro che soffrono lo hanno liberamente scelto, prima dell’incarnazione su questa terra” che però non mi sembra renda merito alla libertà che Dio ha dato all’uomo.
Solito esempio: se impazzisco e uccido qualcuno, o se guido ubriaco e investo una mamma con bambino, possiamo dire che quella mamma e quel bambino hanno scelto, prima dei tempi, di fare quella fine? Ma allora c’è predestinazione? E dove sta la libertà di scelta mia, che quella sera potevo decidere di ubriacarmi o meno, e causare od evitare quell’incidente?
E se non è così, tu continuerai a farmi la domanda: “Ma cosa ha fatto quel bambino per meritarsi di morire così piccolo?” ???
Non mi torna.
Forse la paralisi è metafora di ciò che ci paralizza peccando.
Le bugie, la mancanza di carità, l’egoismo, la paura ci rinchiudono in una paralisi che è esteriore, palpabile e visibile che ci blocca nella gabbia del corpo ( ci allontana dagli altri) ma è anche interiore, impalpabile ma altrettanto forte (ci allontana da Dio).
Gesù guarisce nel corpo il paralitico ma soprattutto lo guarisce nell’anima, lo fa uscire da sé stesso per incontrare gli altri nella salute più piena, lo rende libero nel corpo e nell’anima,gli raccomanda per questo di non peccare più.
Spesso siamo noi stessi i più grandi nostri nemici.
Brava Lucia. Siamo UNO: Anima, mente, corpo… tuto collegato.