Siddhartha-Mukherjee-1

Nel corso delle riunioni con ex compagni di classe del liceo più di qualche volta mi sono spinto a provare a buttare là la bellezza della Nuova Medicina Germanica di Hamer, convinto, come sono, che certe nozioni si possano imparare solo quando si sta bene, come ho scritto nella nota delle curve a sci uniti.

Qualche settimana fa l’amico Fabio, biologo affermato, ha accettato di interessarsene ma ha ributtato sul campo l’invito a leggere un libro che per lui è bellissimo e così ho accettato (se avessi saputo che erano 800 pagine piene zeppe di nomi, storie, biologia, chimica, virologia, ecc. forse non avrei accettato questa sfida così a cuor leggero! 🙂

Si tratta del libro di Siddharta Mukherjee “L’imperatore del male – una biografia del cancro“. Lo stile, nonostante tutto, è abbastanza scorrevole, e riesce ad appassionare intrecciando storie di persone, di medici, di ricercatori, di malati, di vittorie improvvise e altrettanto deludenti ed improvvise recidive, attraverso i secoli, fin dall’antichità ma per concentrarsi soprattutto negli ultimi 150-200 anni.

Lascia una delusione o un senso di amaro in bocca (credo) per tutti coloro che non conoscono Hamer: come se, alla fine di un giallo di 800 pagine, l’assassino non venisse scoperto. Ma come? Mi porti in giro per tutto questo tempo, per dirmi alla fine che non sai chi sia l’assassino? Fuori di metafora, lo sanno tutti che il cancro non è sconfitto, ma almeno uno si aspetterebbe di avere un messaggio positivo, alla fine: dopo tutti questi secoli di scoperte, di analisi sempre più dettagliate e nell’intimo della cellula, ma che dico della cellula dei cromosomi, ma che dico dei cromosomi, dei singoli geni, delle sequenze, delle mutazioni, ecc., ecco, dopo tutto questo, uno si aspetterebbe almeno un messaggio di speranza. E invece niente. La conclusione, melanconicamente, afferma, senza mezzi termini, che forse dovremo abituarci a convivere sempre più con il cancro, che forse, tutto sommato, già il prolungamento di qualche anno di vita dovrà essere considerato un successo, che forse, perchè no? le cellule cancerose, con la loro smania di replicazione, contengono un principio vitale ed una aspirazione all’eternità che dovrebbe essere alla base della nostra esistenza, e cose di questo genere.

imperatore

Per il lettore smaliziato, che conosce invece la medicina di Hamer, appare evidente come tutta questa ricerca sia stata impostata su principi ed assunti sbagliati.

Primo assunto sbagliato.

La malattia – in questo caso il cancro – è una entità autonoma, con una sua volontà, un suo modus operandi, delle sue passioni, inclinazioni, gusti, strategie, tattiche. Questo assunto è contenuto nel titolo stesso: “L’imperatore del male” sta ad indicare questa volontà personificatrice di qualche cosa che non si capisce. Come se si dicesse che il vento ha delle sue intenzioni, delle sue strategie, dei suoi piani, ma il vento è la conseguenza di altri fenomeni atmosferici, non ha un suo ego, una sua anima nel senso etimologico del termine. Per questo il libro tratta secondo me di una guerra senza un avversario: come Don Chisciotte, che vedeva terribili mostri da combattere nei mulini a vento, così questi scienziati hanno personificato l’effetto elevandolo al rango di persona, ente, nemico da compbattere. E si badi bene che, anche qualora la personalizzazione avesse un valore puramente strumentale (giusto perchè così si sa di cosa si sta parlando), sui poveri pazienti questa personificazione ha un effetto tutt’altro che secondario: frasi come “è tornato all’attacco dopo 5 anni di latenza“, o “vediamo di cacciarlo prima che faccia ulteriori danni” hanno un effetto ipnotico devastante sul povero paziente che si fida ciecamente dell’uomo della medicina.

Secondo assunto sbagliato.

Non vedendo l’essere umano nel suo insieme (anima mente e corpo) ma vedendone solo la componente meccanicistica, tutta la ricerca si riduce (sembra una esagerazione dire così ma non esistono termini più adatti) ad una particolarizzazione sempre più spinta, sempre più microscopica, sempre meno capace di vedere il problema nel suo insieme. Forse, se si fosse approfondita l’intuizione di Galeno, che nel 168 definì il tumore come un’overdose sistemica di bile nera – melanconia intrappolata che si sfoga nel tumore – non si sarebbero dovuti attendere quasi 2000 anni per arrivare alle conclusioni della Germanica. Ogni approccio (e qui non parlo solo di cura del cancro) all’essere umano che pretenda di non considerarlo nella sua interezza, fatto di anima, mente  e corpo, è destinato a fallire, sia che si tratti della cura del peggior male che di una dieta per dimagrire.

Terzo assunto sbagliato (o conseguenza).

La scienza sperimentale, da laboratorio, come unica fonte attendibile. Se non posso misurarlo, pesarlo, contarlo, non esiste. Se elimino, nel mio approccio, le componenti spirituali e psichiche, vado a finire in errori grossolani che per essere giustificati richiedono acrobazie intellettuali degne di ben più nobili sforzi. Un esempio per tutti: uno scienziato applicava cellule tumorali di polli malati a polli sani, sulla pelle. I quali polli trapiantati, sviluppavano, nel punto dell’innesto, opportuno carcinoma: ergo, il principio del tumore sta nelle cellule trapiantate che lo hanno trasmesso nel nuovo pollo. Andando però a filtrare moltissimo le cellule estratte dai polli “malati“, fino a praticamente non lasciarne nulla, comuque sui polli trapiantati si verificava il tumore. Conclusione dello scienziato: l’origine del tumore non sta nelle cellule (che di fatto non venivano più innestate) ma in qualcosa ad un livello minore: evidentemente si trattava di virus. Ovviamente, a nessuno venne in mente che l’ispessimento cutaneo chiamato adenocarcinoma poteva essere una reazione (Speciale, Biologica e Sensata) del pollo oggetto di “attacco” in quel punto. ergo: almeno quel tipo di tumore era di origine virale. Ovviamente, ipotesi smentita successivamente da altre osservazioni.

E così, in una ricerca sempre più microscopica di cause, si ha la sensazione che questa catena non finirà mai. Scopro che A è causato da B; ma cosa causa B? Allora, dopo un po’ di anni scopro che B è causato da C, ma cosa causa C? Ipotesi, sperimenti, e poi scopro che C è causato da D, e via, all’infinito. E farmaci che combattono B: e remissioni, e tutti felici, e dopo un po’, poche settimane o qualche anno, nella migliore delle ipotesi, ecco la recidiva. Spiegazione: il tumore ha sviluppato immunità a quel farmaco (ancora una personalizzazione). Nessuno a pensare che la cura che è stata applicata è stata solo sintomatica, e la polvere che accumulo sotto il tappeto la sto solo nascondendo alla vista, ma è ancora lì, e alla prima occasione tornerà fuori.

Insomma: un libro in parte appassionante, in parte deludente per la constatazione di come certi assunti di base, certi pregiudizi, rendono il lavoro di scienziati, anche bravissimi e preparatissimi nel loro settore, completamente inutile.

-oOo-

Concludo ricordando invece un ricercatore onesto, un chirurgo che operava le ginocchia, che volendo scoprire se le remissioni fossero dovute alla limatura dell’osso o alla sottrazione del liquido accumulato, e decise di fare un test in doppio cieco. La sua assistente gli disse: “perchè limitare la ricerca a queste due cause? Proviamo anche la terza. “e quale sarebbe la terza possibilità? – chiese lui “L’effetto placebo: ammettiamo che possano guarire perchè, a seguito dell’operazione, pensano che dovrebbero stare bene.

Il chirurgo pensò che questa proposta era da matti: lui sapeva bene quello che, fisicamente e meccanicamente, faceva sui suoi pazienti. Però accettò: esempio di notevole apertura mentale. E i risultati sono quelli che ha documentato anche il New England Journal of Medicine, che potete trovare qui.

Da qualche parte ho trovato scritto che “Per un miglior controllo dell’uomo è utile sottrargli la componente spirituale“. A volte in questa operazione la medicina è una potente complice.