In occasione dei recenti referendum (principalmente acqua e nucleare) è emerso il dibattito su cosa è giusto sia gestito dal pubblico e cosa invece funziona meglio se gestito dal privato. Ho anche scritto una breve nota in merito. In sostanza dicevo: sia la gestione privata che quella pubblica devono rispondere all’azionista di riferimento: nel caso del pubblico l’azionista di riferimento è la cittadinanza, che dà un mandato revocabile agli amministratori, cioè può destituirli se questi non fanno bene il loro mestiere. Per questo nel caso della gestione di un bene essenziale e inalienabile come l’acqua l’affidamento ad un gestore privato, guidato dalle logiche di profitto, non è consigliabile.
In economia si discute spesso sulla opportunità di mantenere dei monopoli per quei beni o servizi che, per qualche motivo, è preferibile siano gestiti dal pubblico. Ad esempio io lavoro nelle telecomunicazioni, e, nonostante la liberalizzazione degli ultimi 15 anni abbia portato ad un generale abbassamento delle tariffe (fonia fissa), si sostiene comunemente che, all’inizio del periodo di stesura delle reti nazionali era un bene il fatto che il gestore fosse pubblico, in quanto nessun privato avrebbe avuto interesse a realizzare investimenti così ingenti da garantire connettività a tutti gli abitanti, inclusi quelli delle valli più remote. Quindi: bene il monopolio nella fase iniziale, quando si doveva creare l’infrastruttura, bene la liberalizzazione, quando l’infrastruttura era stata creata, ed era opportuno “ravvivare” il mercato con la concorrenza.
Esistono, secondo alcuni, dei monopoli naturali, cioè dei settori talmente importanti, essenziali, strategici, che lo stato non può delegare ad alcun privato la loro realizzazione e/o gestione. Si discute di sanità, di grandi opere, di nucleare (ovvio, nessun privato sarebbe così pazzo da investirci, data la provata antieconomicità, come ho scritto qui).
Ma si manca sempre di citare il vero e primario monopolio naturale al quale nessuno stato dovrebbe rinunciare: l’emissione di moneta.
Senza entrare per l’ennesima volta nell’argomento, trattato più volte, anche nel capitolo dedicato, provo a stimolare la vostra fantasia con un paio di numeri.
- Quant’è il gettito IRPEF (imposta sui redditi delle persone fisiche) annuo? Da qualche parte ho letto che, per il 2010, dovrebbe essere sui 130 miliardi di Euro.
- Quant’è l’ammontare degli interessi che lo stato italiano paga annualmente? Un numero più o meno da quelle parti: c’è chi dice poco meno di 100, chi dice 120 miliardi di Euro.
Quindi: se lo stato emettesse la moneta di cui ha bisogno, senza autorizzare dei privati (Banca d’Italia prima e BCE adesso) ad emetterla per farsela prestare, ad interesse, più o meno potrebbe abolire l’IRPEF. Bello no? Vi lascio con questa provocazione e, per chi ne ha voglia, il bellissimo documentario The secret of Oz, sul quale tornerò con una nota specifica. Per il momento vi dico soltanto che la simbologia della favola è tutta incentrata sull’emissione di moneta a debito e le possibili soluzioni….
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