di Andrea Cavalleri
Quella parte dei lettori che guardano ancora la TV o si ricordano di quando la guardavano (io da anni non so più cosa sia un TG, ho smesso nauseato di seguirli, quando mi sono reso conto che le notizie che non erano stolide insulsaggini erano bugie belle e buone) noteranno che uno dei temi ricorrenti nelle notizie economiche è quello sulla crescita.
“L’economia va bene, prevista una crescita del 3,5%” oppure “Male l’economia, la crescita cala allo 0,8%”….
Avendo seguito con profitto le scuole elementari, non posso fare a meno di chiedermi: “Perché mai se l’economia cresce poco va male?” Una cosa va male quando decresce o muore, non quando cresce, seppur poco. Anzi mi aspetterei comunicati del tipo: “Economia stabile, tutto bene”
La risposta a questo enigma è semplicissima, ed è: “perché il sistema monetario funziona come debito a interesse”.
Se dividiamo la società in base alle funzioni che le sue parti esercitano in rapporto al denaro, possiamo schematicamente affermare che non esistono altri che due attori principali: chi i soldi li crea e chi li prende a prestito.
Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare in prima battuta, chi crea ricchezza non crea soldi. Tutte le attività produttive, che generano beni e servizi possono guadagnare soldi, ma guadagnare significa acquisire la proprietà di soldi che già esistono, non crearne di nuovi.
Gli unici enti che possono creare soldi sono le banche, suddivise in Banche Centrali, che producono la base monetaria e Banche commerciali che la moltiplicano.
Però, c’è un grosso però: le banche creano soldi solo per prestarli a interesse, il che pone un problema. Denominiamo Banca chi crea soldi e Società chi li prende a prestito, se chiamiamo 100 il totale di moneta creata, e se tutta la moneta creata è prestata a interesse, poniamo al 5%, significa che la Società dovrà restituire alla Banca 105. Come farà se il totale della moneta è 100?
La cosa è aritmeticamente impossibile, l’unica soluzione è che la Società prenda in prestito altri soldi per pagare gli interessi, innescando così una “catena di sant’Antonio” destinata prima o poi a fallire (la crisi dei debiti sovrani in atto in questi ultimi anni è il sintomo dell’imminente fallimento).
Il sistema bancario-finanziario dunque, funziona come un immenso meccanismo che aspira i soldi concentrandoli in poche mani parassitarie (perché coloro che creano soldi non producono nemmeno uno spillo di ricchezza) e determinando rarefazione monetaria nella Società, dove i soldi che girano o sono quelli temporaneamente in circolazione in attesa di tornare ai “creditori” (in compagnia però degli interessi), o quelli spesi dalle banche e dai banchieri, quindi troppo pochi.
Cosicché la Società, a cui i soldi servono per produrre e per vivere, è costretta a indebitarsi perennemente.
Concluso il ripasso delle premesse, arriviamo al modello economico basato sulla crescita: la crescita non è altro che il corrispettivo, in termini di economia reale, degli interessi da pagare.
E poiché tutto il denaro è gravato d’interesse, tutta l’economia è costretta a crescere o fallire.
È per colpa dell’interesse che si costruiscono elettrodomestici che si devono rompere dopo 5 anni, e maglioni che si bucano dopo quattro: per vendere di più e consentire alle aziende di “crescere” per pagare i propri interessi. Quando Benetazzo parlava di vera economia (prima che iniziasse a delirare, inneggiando al MES e alle altre porcate eurocratiche) era arrivato a dire che “si è messa a reddito l’infelicità” cioè che le separazioni e i divorzi, generando il bisogno di doppie case, doppi elettrodomestici e doppie automobili, sono stati incentivati “per sostenere la crescita”.
Insomma il consumismo, da sempre denunciato come fenomeno culturale, in realtà ha una precisa causa economica, anch’esso è una delle innumerevoli conseguenze del signoraggio bancario.
L’attento lettore, che ha capito il ripasso delle premesse, si sarà però accorto del punto debole del modello a crescita continua: non è sostenibile per tutti. Infatti, poiché la massa monetaria è indipendente dalla ricchezza, le aziende competono per accaparrarsene una parte, e chi riesce ad avere abbastanza soldi da pagare gli interessi, può farlo solo a discapito di chi non ce la fa. Se sulla terra fossimo in dieci e ciascuno avesse preso in prestito 10 (per una massa monetaria totale di 100), può succedere che otto riescano a restituire i 10,5 di capitale più interessi, consumando così 84 su 100. Restando solo 16 a disposizione, gli ultimi due soggetti devono fallire.
Ecco che in questo contesto, la tanto decantata concorrenza, anziché essere un sistema per premiare e selezionare i migliori, ottimizzando i processi produttivi, diventa una forma di aggressività, sospinta dalla condizione di “mors tua, vita mea”. Nel mondo del denaro-debito di proprietà delle banche, il vero volto della competizione economica è un combattimento tra galli, che i magnati dell’alta finanza aizzano l’uno contro l’altro per soddisfare i propri minuti piaceri.
Mentre “crescita e sviluppo” sono contraddistinti dalla scia di morti e feriti nell’arena, chiamata aulicamente “mercato”.
Perciò concludo dicendo che non è l’economia a essere malata (le competenze, le capacità produttive e i bisogni della gente che costituiscono la domanda, ci sono tutti) ma è malata la sua trascrizione monetaria, totalmente irreale e nichilista (con una battuta un autore ha scritto che Bankenstein vuole tutto il mondo più il 5%). Ed è il sistema dell’indebitamento continuo a determinare il modello di crescita continua, come affannosa ma fasulla e irrealizzabile necessità.
Solo liberando il denaro dal debito e dall’interesse, emettendolo in nome e per conto dei cittadini anziché come proprietà della Banca, si può sostenere un modello economico che risponda ai veri fini dell’economia, cioè di provvedere le persone fisiche di quei beni e servizi che servono loro per condurre una vita dignitosa.
L’articolo spiega molto bene la meccanica, la diabolica meccanica della fabbricazione e del prestito della moneta: lo schema Ponzi nel quale ci dibattiamo, anzi tutto il mondo occidentale si dibatte.
Per pagare gli interessi su un debito globale di 4 milioni di miliardi vengono contratti continuamente sempre nuovi debiti.
Lo scoppio è inevitabile, dice Marco Della Luna nel suo ultimo libro “Cimiteuro”. Sono bastati due principi contabili falsi per far precipitare l’economia e le nazioni nel buco nero di un indebitamento impagabile che non dovrebbe affatto esistere.
Quella che percepiamo come una crisi economico finanziaria, è invece una strategia dei poteri forti della terra per concentrare il potere e dominare e sfruttare tutti noi, avendo noi sempre meno partecipazione e controllo.
Per i paesi euro deboli si varano norme coercitive, attraverso cui il capitale finanziario dietro l’etichetta “Europa”, li asservisce in una stabile depressione e prendendosi i loro soldi, e la loco capacità imprenditoriale.
Sotto questa luce diventano comprensibili clamorose porcate di politica economica e finanziaria che hanno portato alle scelte di recessione adottate anche dal governo Monti e Co. che hanno messo il nostro Paese nella condizione di non poter risollevarsi
La crescita è un lavaggio del cervello.
Nessuna nazione può produrre per solo esportare senza anche dover importare.
La materia non è distribuita in parti uguali sulla superficie terrestre, quindi tutti i popoli sono forzati dalla natura ad interagire socialmente e commercialmente.
I banchieri da secoli hanno capito questo e oggi vogliono prendere le funzioni che gli Stati avrebbero dovuto fare.