Da un punto di vista strettamente pubblicitario, non si può negare che lo spot dell’Esselunga, quello della bambina che regala la pesca al papà fingendo che sia stata un’idea della mamma (mamma e papà sono chiaramente separati) sia un successo. Non soltanto ha fatto parlare di sè, ma ha attirato moltissimo dibattito coinvolgendo il marchio stesso, contribuendo così alla famosa brand awareness tanto cara ai pubblicitari.
Vorrei invece concentrare l’attenzione sulle critiche che ha scuscitato, cercando di analizzarne il motivo. La storia è molto semplice, di fatto coinvolge solo due personaggi, mamma e figlia, e un terzo, un po’ comprimario, che appare solo alla fine, il papà.
Il primo personaggio, la madre, che compare all’inizio, è rappresentata come una figura positiva: si preoccupa della figlia (persa momentaneamente al supermercato), e anche una volta a casa, gioca con lei, ci passa del tempo insieme, ecc.: insomma, brava.
La figlia non è da meno: ubbidiente, non fa capricci, però anche intelligente: non si è persa per distrazione o per cercare cose frivole: è andata a cercare una pesca nel reparto ortofrutta, persca che sarà poi la protagonista silenziosa di tutto lo spot.
Il padre, che compare solo alla fine, ha meno tempo di presentarsi ma si capisce che a) non è stupido (ha capito che la pesca è stata uno stratagemma della figlia), ma b) sta al gioco, non vuole deludere la figlia, e le promette che chiamerà la mamma per ringraziarla.
Inomma, 3 personaggi positivi, per una bella storiella senza traumi, senza conflitti, senza suspence.
Cosa ci può essere di male in tutto ciò?
“A pensar male si fa peccato…”, e io sicuramente farò peccato, ma fose ci azzecco: forse la chiave di tutto è una piccola sequenza, forse 1-2 secondi, indicativa (ma in coerenza col resto della storia): mentre la bambina torna a casa in macchina con la mamma, vede una famigliola di madre padre e bambino, dove il papà e la mamma sono insieme che insegnano al bimbo ad andare in monopattino. E io credo che la pietra dello scandalo sia proprio questa: aver implicitamente affermato che una bimba può soffrire della separazione dei genitori.
Ecco il crimine!
E no, cari pubblicitari, questo non si può proprio dire. Sono anni, decenni che la TV, coi film, con i TG, con le pubblicità, ci martella con i valori di libertà, esaltando le scelte di autorealizzazione, sottolinenado storie di abusi e maltrattamenti familiari, film dove single e divorziati vivono felici ed in armonia, ecc. che una cosa del genere proprio non si poteva dire: non è in linea col pensiero dominante, con la campagna martellante antifamiglia che sta andando avanti dagli anni 80, dall’avvento cioè delle tv commerciali.
Cara Esselunga, non fare la voce fuori dal coro: i figli di coppie separate stanno benissimo, anzi, hanno doppie case, doppi compleanni, doppi regali (cosa che fra l’altro alza il PIL). Sono anni che lavoriamo per distruggere la famiglia, e tu ci vieni a rompere le uova nel paniere con questa pubblicità?
Ciao Alberto, hai decisamente indovinato .
Allora dico la mia sul fenomeno (che è un po’ la stessa strategia del Vannacci e da la misura di quanto il vaso woke sia colmo).
Chi è acuto e informato (e i pubblicitari lo sono per forza visto devono far leva su impulsi viscerali), ha capito che l’intolleranza progressista può essere sfruttata a proprio vantaggio; un po’ come accade nel judo: si sfrutta l’attacco dell’avversario per metterlo a terra.
Basta dire ad alta voce qualcosa che non piace ai “politicamente corretti”, che essi reagiscono con un polverone, dando una spinta propulsiva non indifferente. Il polverone e la spinta, meritano una analisi.
Il polverone è la strategia con cui fino ad ora il progressismo ha indotto all’autocensura gli interlocutori: “fascista!”, “razzista”, “omofobo!”, “misogeno!” ecc… ecc… lasciando che il silenzio degli interlocutori facesse credere che il melting pot, le famiglie arcobaleno e tutto il resto piacessero alla gente. Questo è per loro necessario, in quanto dire quello che si pensa sulla sovversione che stanno imponendo è come gridare che il Re è nudo. In pochissimi avevano il coraggio di aprire bocca e trovarsi di fronte il plotone di esecuzione. Il web ha aiutato moltissimo questo inganno, perché è zeppo di attivisti che fanno da guardiani.
Dall’altro lato, c’è chi misurando il polso alla popolazione, ha capito che il vaso è colmo e che la farsa sta in piedi solo perché nessuno parla, ma che il sentire comune è un altro. E dunque, quale migliore occasione di slancio, utilizzare la reazione d’ira dei progressisti?
Il sospetto che fosse così me lo aveva dato già il Vannacci, che ha utilizzato temi provocatori (nel regno della menzogna la realtà è provocatoria) per diventare un personaggio noto e forse cambiare vita… ma lo spot ce ne da la matematica certezza. Gli spot mirano SEMPRE alla maggioranza!
Quindi: in alto i cuori e mai più autocensura: aiutiamo il castello di carte a crollare!
Applausi!!!!