Volentieri ricevo e rilancio il video di convocazione per la manifestazione del 15 Ottobre.
Come esponente della razza veneta, tradizionalmente poco impegnata in politica, più attenta ad occuparsi dei propri interessi privati che ad impegnarsi per la collettività, sarei tentato ad una pigrizia conservativa più che ad un impegno manifesto nelle piazze. Ma oltre a questo aspetto “culturale“, ci sono anche altre considerazioni che spingono contro.
Non sono infatti sicuro che una esasperazione della gente che la porti nelle piazze a protestare non sia un effetto desiderato e voluto da chi ci controlla, creato ad arte per poter poi intervenire con misure restrittive della libertà. Lo schema è sempre quello del Problem-Reaction-Solution: infiltrare i movimenti, metterci in mezzo dei facinorosi, i cosiddetti black block, facciamogli spaccare delle vetrine, meglio se ci scappa il morto (come diceva anche Cossiga), e soprattutto mandiamo i TG e la stampa a coprire l’evento: se anche ci sono 10.000 padri e madri di famiglia, coi bimbi sulle spalle, e preti, suore, pensionati, studenti, operai, e 30 black block che spaccano le vetrine, dare il massimo della copertura a questi ultimi: in TV si deve vedere solo questo, in modo da poter poi giustificare provvedimenti restrittivi e le cariche della polizia. Se questa fosse l’interpretazione corretta, scendere in piazza, anche con le migliori intenzioni, rischia di fare il gioco del nemico.
Scrivevo ad un amico un po’ di tempo fa, a proposito della necessità di impegno “politico”:
mi sono risposto da solo guardando il video fino alla fine 🙂 sorry
L’impegno pubblico è un onere di così alto valore morale che poche persone potrebbero ambire a questo.
Spesso mi trovo a discutere sul valore dell’impegno e della partecipazione politica delle persone e spesso mi rendo conto che mai come in questo caso la fatica è sprecata: la gente, quella che incontriamo al bar, tra gli amici, tra i conoscenti, non ha una percezione precisa della politica. Per loro fare politica, impegnarsi per il bene comune è un utopia, perché l’unico scopo e l’unico insegnamento che abbiamo sotto gli occhi, è solo l’interesse personale e pertanto chi “avrà la fortuna di entrare nella politica potrà considerarsi fortunato economicamente“.
Mai come in questo caso la visione della gestione del bene pubblico è più distorta. E’ altrettanto vero che gli esempi che abbiamo non sono edificanti, ma la vita continua e una battaglia di oggi non è una guerra.
E’ necessario rieducare, insistere, incazzarsi – se serve – discutere, sopratutto con le nuove generazioni, quelle che hanno un passato talmente fragile e insignificante che lascia volentieri spazio alla manipolazione. Sono questi i tedofori della verità futura, questi quelli che potranno plasmare le società che verranno e mai come in questo momento è necessario fare quadrato, indicare le vie da percorrere per una verità che non abbia colore.