“In Ucraina torna la Polio. La causa? Solo il 50% dei bambini vaccinati”.
Con una notizia così, c’è poco da discutere: avete visto che i vaccini fanno bene? E allora smettetela di rompere. Il sito RaiNews non lascia spazio a repliche. Citazione testuale:
Il fatto sta preoccupando l’organizzazione Mondiale della Sanitá, che ha parlato di rischio di diffusione del virus della polio “alto”: questo perché in Ucraina solo la metá dei bambini è vaccinata contro la poliomielite, a causa di un allarme ingiustificato della popolazione sui possibili effetti collaterali. La psicosi contro i vaccini nel Paese si era diffusa dopo che un bambino anni addietro era morto dopo la somministrazione di quello contro il morbillo: una casualità dissero le autorità sanitarie, ma molti genitori decisero di non correre il rischio, assumendosi però quello drammatico di esporre i loro figli alla paralisi del sistema nervoso causata dalla polio, malattia ormai scomparsa proprio grazie alle vaccinazioni. E non c’è cura. –
Ed invece, andando ad approfondire, si scopre che la causa della poliomielite è stato proprio il vaccino trivalente sommninistrato a bambini che si erano pertanto vaccinati (si veda la notizia qui).
Loro continuano a non stancarsi di mentire.
E noi non ci stancheremo di denunciare.
Video: miti e verità sui vaccini:
https://www.youtube.com/watch?v=rmoG7usFxas
E’ risaputo che il vaccino della polio reca danni della stessa malattia,cosa denunciata da report già anni a dietro,infatti i pochi casi in italia denunciati sono di bimbi vaccinati per la polio e che l’hanno sviluppata lo stesso.Il problema è che non si fa un vero monitoraggio dei danni ed effetti collaterali dei vaccini,attraverso le denunce,non si possono avere dato concreti ma questo non lo vuole la sanità che si vede già costretta a risarcire quelle poche famiglie che decidono di lottare contro tutto e tutti,vedi il caso di Pesaro risarcito dopo 10 anni di causa ed un bimbo morto dopo vaccinazione.
Spesso e volentieri la medicina degli ultimi anni mostra una tendenza alla sovramedicazione, anzi…
… all’ACCANIMENTO TERAPEUTICO.
Già penalmente perseguibile, si dovrebbe studiare con una commissione di magistrati e legislatori una proposta di legge seria da far emanare e promulgare inasprendo responsabilità civili e penali ancor prima di partire alla commercializzazione. Sarebbe un buon inizio estendere la fattispecie di reato di accanimento terapeutico a fasi anteriori della produzione farmaceutica.
Quanto alla sperimentazione farmaceutica, si dovrebbe obbligare i medici a studiare più chimica nei loro corsi di laurea (anche tramite una riforma della scuola incentivando tirocini e stage in ospedale affiancati da personale medico durante il corso di laurea), dilazionare i tempi di sperimentazione e studio degli effetti collaterali dei farmaci nazionalizzando la spesa per la ricerca e sottraendo il settore ai privati. Sarebbe anche opportuno ridurre la tutela dei brevetti sulle formule e sulle innovazioni in campo medico, a sacrificio di chi specula sulla salute (se dovesse il ricercatore sentire il bisogno di business, che si dimetta pure, non ne sentiremo la mancanza), di modo che diventino più facilmente scoperte di dominio pubblico.
Si dovrebbe inasprire il controllo sulle case farmaceutiche e ampliare i poteri di vigilanza alla Guardia di Finanza, velocizzare ed elasticizzare le procedure per aprire inchieste ed esibire mandati di cattura. Sembrerà richiedere un regime di stato sulla ricerca farmaceutica, ma in realtà si deve chiamare “non dare la scusa ai criminali di far finta di interessarsi alla salute quando loro interessano solo i soldi” (e poi magari sono più malati dei loro stessi pazienti ma di terapie neanche a parlarne per scherzo).
In ogni caso, dalle bozze alla scultura il passo è breve!
E quando si parla di abuso dei farmaci, sempre dire: NO ACCANIMENTO TERAPEUTICO.
Oltretutto nazionalizzare la spesa sanitaria per la ricerca è più logico, si minimizzano gli effetti collaterali e si preserva quanto più estesa la popolazione sana di riferimento per campionare futuri farmaci sperimentali.
Nazionalizzando si mantiene in laboratorio il progetto anziché farlo arrivare sugli scaffali delle farmacie o dei medici nelle cliniche, così che i ricercatori siano pagati adeguatamente e abbiano tutto l’interesse a non cercare altro che studiare cure ed effetti collaterali, non limitandosi ai modelli statistici che presentano grossolani errori (perchè istituzionalizzano a livello di scienza esatta l’imprevedibilità, quindi un’ammissione di ignoranza inaccettabile per una scienza esatta), piuttosto preferendo approcci deterministici.
Ripeto, dei ricercatori per denaro avidi non mi preoccuperei, se son così avidi forse forse non sono neanche tanto competenti, né tanto capaci di adeguarsi alle serie esigenze.
Infatti una troppo rapida commercializzazione altera anche il processo di raccolta dati, dato che i pazienti se non espressamente cavie o volontari non sono monitorati h24, per cui la loro storia clinica potrebbe rendersi così intricata da rendere impossibile ogni tentativo di valutare seriamente il caso. Un tempo adeguato è di circa 5-6 anni prima della commercializzazione una volta accertata l’efficacia del farmaco, in certi casi sarebbe da allungare a 10 anni o addirittura 15 anni (il tempo di rinnovo completo dei tessuti cellulari di un organismo).
Solo così sarà concretizzato il nostro NO ACCANIMENTO TERAPEUTICO.