Immagino sia capitato a tutti di guidare, e contemporaneamente essere impegnati in qualche discussione che ci assorbe “completamente”. Scrivo “completamente” fra virgolette, perchè in realtà non abbandoniamo il nostro ruolo di pilota e, pur discutendo, accalorandoci magari, e conentrando tutta la nostra attenzione sulla discussione in corso, non smettiamo di guidare, controllare le macchine davanti, guardare lo specchietto, cambiare marcia, magari scalare, mettere la freccia, ecc.
Tanto che magari ad un certo punto rimettiamo la nostra mente cosciente alla guida e ci rendiamo conto di non essere stati presenti: avremo già passato o meno quel paese, quel cartello, quell’incrocio? Boh! Non eravamo noi alla guida!
Ma alla guida chi c’era allora?
Bruce Lipton, già citato diverse volte su queste pagine, ad esempio qui e qui, parla di un “io subcosciente” e di un “io conscio”. Il subcosciente è una sorta appunto di pilota automatico, una specie di automa che impara le cose da fare a memoria, come un registratore, che ci permette di non dovere, ad esempio, ri-imparare ogni giorno a camminare. Per lui non esiste nessun futuro e nessun passato, non ha capacità di immaginazione, non sa ricordare, o proiettarsi nel futuro. Ma se è solo un automatismo, un programma, perchè elevarlo al rango di identità, di “io”, seppur subcosciente? Non basterebbe dire che questa è una capacità, che ci permette di assimiliare in fretta, e di non dover prestare attenzione ad azioni che magari abbiamo dovuto imparare a fatica, come ad esempio guidare, quando all’inizio sembrava impossibile coordinare due piedi e due mani con specchietti, volante e cambio?
È invece divertente ed istruttivo elevare al rango di “io” questo automa.
Divertente perchè, come Lipton racconta spesso, a tutti sarà capitato di avere un amico da lunga data, diciamo Bil. E magari conoscete anche i genitori di Bill. Ed un giorno, casualmente, guardate Bill e gli dite, innocentemente: “Lo sai Bill, sei proprio come tuo padre!” e quello è il momento di scansarsi da Bill perchè lui diventa furioso: “Coosa? Come puoi paragonarmi a mio padre?”. Il divertente della storiella sta nel fatto che tutti vedono che lui è come suo padre, solo Bill non lo vede. Ma il fatto profondo è che tutti siamo Bill, in fondo.
In buona sostanza i modi di fare, i modi di comportarsi che abbiamo sono ereditati dai nostri modelli di riferimento appresi nei primi anni di vita, tipicamente dai nostri genitori. Ma una volta capito questo, ancora più importante ed istruttivo è il passo successivo, cioè sapere che la maggior parte della nostra giornata noi diamo il controllo della nostra vita all’io subconscio. Un po’ come se non vivessimo noi veramente la nostra vita, ma la vivesse l’automa che è dentro di noi.
Quando questo non avviente? Quando una persona è innamorata (come ho scritto qui) perchè in quel caso l’io cosciente prende il sopravvento, e non lascia spazio a nessun altro: è il periodo più bello della vita, la luna di miele, il paradiso sulla terra. Pesso, purtroppo, questo periodo passa, e un po’ alla volta si torna al tran-tran di tutti i giorni, e il subconscio riprende il sopravvento, e un bel giorno il nostro lui o la nostra lei si gira e ci guarda e dice: “Ma chi sei tu????” perchè non riconosce più la persona con cui aveva trascorso la luna di miele, il periodo magico dell’innamoramento.
Forse a questo si riferiscono i saggi quando ci invitano a vivere il monento, il qui ed ora, come il gesuita indiano De Mello, evitando , con l’io cosciente, di andare in viaggi astrali alla ricerca di mondi migliori, e lasciando le chiavi di casa all’io subcosciente. Perchè lui, poverino, non è in grado di creare, può solo ripetere, come un mangiacassette, all’infinito sempre le stesse istruzioni ricevute. Forse anche per questo Steve Jobs racconta, nel suo discorso ai laureati di Stanford, che si era posto un obiettivo: domandarsi ogni giorno “se la mia vita finisse oggi, farei le stesse cose che sto per fare?” e, quando la risposta – ovvia – era NO, ma per troppi giorni di seguito, si imponeva di fermarsi e di mettersi in discussione. Come dire: certo, non possiamo vivere sempre come se la vita finisse oggi, ma contemplare questa possibilità, ogni tanto, ci costringerebbe a tornare in noi stessi, disattivare il pilota automatico e rimetterci più spesso alla guida della nostra vita.
E, liberandoci dei condizionamenti e programmi ricevuti nell’infanzia, evitare di ferire, magari inavvertitamente, chi ci sta vicino con atteggiamenti che non sono stati veramente scelti, ma solo “caricati” a nostra insaputa, quando eravamo ancora piccoli. Sarebbe un primo passo per rompere il cordone ombelicale che ci lega ai nostri genitori e alle generazioni che ci hanno preceduto.
Perche, come detto altre volte su queste pagine, l’unico legame utile, fecondo, è quello che ci tiene attaccati al Cielo.
ll problema del rapporto conscio-subconscio non è nuovo, v. Maxwell Maltz “Psicocibernetica” e molti altri ancora
A dispetto dei quintali di libri letti sull’argomento (alla fine ripetono tutti lo stresso concetto) gli unici momenti in cui ho sentito che davvero qualcosa nel profondo di me cambiava veramente era quando mi sono sentita avvolgere dallo Spirito Santo,ed in un attimo tutto quello che doveva cambiare è cambiato
A proposto,tra le righe dell’articolo hai rivelato un attua “convinzione limitante” ossia che le relazioni con il tempo degenerino e doventi meno belle,meno coinvolgenti,chi lo ha detto questo??
Ma no, ho ripreso Lipton che, riferendosi al passaggio dalla prima fase dell’innamoramento e amore ad una di routine afferma che questo comporta il rischio che, dovendo gestire il quotidiano, presi da tanti pensieri, rimettiamo in funzione il pilota automatico con i rischi che ne conseguono.
Non è detto che avvenga sempre questo, ma io lo sottoscrivo, il messaggio è: non lasciarsi mai sopraffare dall’abitudine, tenere alta la guardia.
PS grazie del commento!
[…] come scritto nel libro The Biology of Belief (La Biologia del Credere), citato anche qui, noi possiamo creare il paradiso in terra se solo impariamo a leggere la realtà con la giusta […]