money

di Andrea Cavalleri.

 

Il titolo propone una delle domande più ricorrenti che sorgono quando si parla di sovranità monetaria.

Questa perplessità riflette la confusione di tre argomenti, che sono concettualmente distinti, ma spesso vengono sovrapposti: l’euro, il denaro-debito, il debito pregresso.

L’euro è una moneta-debito (quindi fallimentare), ma potrebbe essere riformato ed essere emesso senza signoraggio da parte della BCE. Il che è un’utopia che presuppone il suicidio di tutta la classe dirigente europea, ma, in via del tutto teorica, sarebbe possibile.

Più facilmente, e più coerentemente con la funzione economica di una moneta, si potrebbe realizzare una moneta libera da debito e da interesse su scala nazionale. Si unirebbe così il beneficio di un denaro al servizio dell’economia reale (al contrario del prodotto del signoraggio, che si fa servire dal lavoro), con il beneficio di un denaro che può essere utilizzato per governare l’economia nazionale, il che non è un fatto ideologico-nazionalistico, ma è il vantaggio tutto pratico di gestire una realtà (la nazione) unitaria sotto i profili legislativo, fiscale e di organizzazione del lavoro.

A questo punto lo Stato cesserebbe di indebitarsi, ma dovrebbe decidere cosa fare del debito passato, dato che, presumibilmente, finirebbe anche il ciclo del rinnovo indefinito dei titoli pubblici.

Per assurdo si potrebbe persino decidere di pagare tutto, con un’opportuna rateazione, il che però costringerebbe tutta la popolazione a lunghi anni di sacrifici sostanzialmente inutili e ingiusti.

Oppure si potrebbe decidere di ripudiare il debito, il che però sarebbe lesivo di quei lavoratori che si sono sudati i risparmi, e non hanno mai potuto creare dal nulla un solo centesimo per comprare i propri BOT o CCT.

Quando l’Argentina nel 2002 decise il rimborso del 30% dei buoni, fece proprio questa seconda operazione, a mio giudizio non proprio brillante, perché punì allo stesso modo i falsari (la creazione di denaro dal nulla da parte delle banche è identico a ciò che fanno i falsari – Maurice Allais, premio nobel per l’economia) e i risparmiatori.

La soluzione esiste e si chiama “ristrutturazione selettiva” del debito.

In pratica si tratta di rimborsare totalmente i piccoli risparmiatori, una quota ai fondi di investimento e nulla alle banche.

 

Ma non è finita. Parecchi risparmiatori avrebbero comunque dei danni, sia perché detengono quote dei fondi, sia perché detengono titoli bancari. E’ ovvio che tutti i buoni legati al mondo bancario crollerebbero tanto in valore quanto in rendimento, sia per la perdita del sottostante debito pubblico, sia perché una riforma del denaro non sarebbe completa senza una riforma creditizia. Infatti contestualmente alla liberazione dal signoraggio primario (riferito alla creazione della base monetaria) occorrerebbe ristabilire la distinzione tra istituti di deposito e società d’affari (il Glass-Steagall act) imponendo alle banche di raccolta il 100% di riserva e l’obbedienza a una regolamentazione non più emessa dalla Banca Centrale, ma dal Ministero del Tesoro.

Questo relegherebbe le banche al compito di mediatori e controllori dell’investimento sul territorio, ovvero trasformerebbe la dirigenza bancaria in un gruppetto senza troppe pretese composto da qualche ragioniere e qualche ex imprenditore. Per le banche d’affari…per me potrebbero anche scomparire, comunque nel contesto corretto troverebbero la loro dimensione ragionevole.

Cosa rispondere dunque ai risparmiatori (peraltro benestanti, perché certamente i poveri e le famiglie a basso reddito non hanno quote di fondi o titoli bancari) che vedrebbero decurtato il proprio gruzzolo?

Da una parte costoro dovranno accettare un poco di ridimensionamento della ricchezza, tenendo  conto che, in modo consapevole o inconsapevole, per anni hanno incrementato il proprio patrimonio grazie a una situazione che premiava il capitale virtuale, cioè in forma monetaria liquida, a spese dei lavoratori, cioè di coloro che hanno creato il capitale reale.

 

Però, anche per costoro esistono dei ritorni positivi.

Un primo elemento è che non dovranno più temere di diventare poveri o disoccupati, perché i regimi di denaro libero tendono a realizzare la piena occupazione e un forte stato sociale (oltre che frutto del buon senso, è un dato storico). Pertanto il risparmio non avrà più il significato di scongiurare una catastrofe o premunirsi per non morire di fame.

In secondo luogo il loro denaro sarà più al sicuro, in quanto lo Stato potrà sempre emetterne di nuovo, offrendo così una vera garanzia ai depositi e salvaguardandoli da qualunque fallimento.

In terzo luogo, abbattendo il sistema di interessi legato al debito, diminuiranno anche le tasse e i prezzi al consumo.

Spesso la gente non si rende conto di quanto paga di interessi nella sua vita di tutti i giorni. Perché li paga sia in forma di tasse, sia in forma di rincari. Infatti gli imprenditori, se non vogliono chiudere, sono costretti a scaricare sui prezzi il costo degli interessi che sostengono, nonché quello delle tasse indirette. Detto per inciso, in Italia il peso degli interessi passivi assorbe circa il 20% di tutto il gettito fiscale, a cui vanno aggiunti, per gli imprenditori, gli interessi sui propri debiti e mutui, che di solito hanno tassi più alti di quelli pubblici.

Nella Germania Federale degli anni ’80 fu fatto un calcolo di quanto pesavano gli interessi sui prezzi dei beni di uso quotidiano, che la gente compra abitualmente per vivere. Risultò, in media, che una quota del 45% del prezzo al consumo era utilizzata per pagare interessi disseminati nei vari stadi della filiera produttiva.

 

Concludendo, si può dire che nel passaggio al denaro di Stato, il piccolo risparmiatore sarà tutelato, e il benestante e il ricco vedranno diminuire i propri capitali, senza che questo fatto intacchi significativamente il loro tenore di vita.

Ai ricchi sarà posta invece una sfida nel lungo periodo, dato che diventerà progressivamente impossibile vivere di rendita e dovranno, così, trovare il modo di rendersi utili alla collettività.

Il che, sarà fonte di soddisfazione anche per loro.