Nel documentario Project Happiness, alcuni studenti di una scuola superiore USA fanno una raccolta di incontri, esperienze, interviste sul tema della felicità. Anche il Dalai Lama, fra gli altri, viene intervistato, ma il personaggio che mi è piaciuto di più è stato George Lucas, l’autore della saga di guerre stellari e di Indiana Jones, fra gli altri.ì (si veda il clip del maestro Yoda pubblicato sul post di ieri: “La paura porta al lato oscuro“)
Molto simpatico, alla prima domanda “Come entra la sua spiritualità in quello che fa?” risponde, forse un po’ evasivamente, che non si può separare: ognuno esprime sè stesso col suo lavoro, mettendo sè stesso, le proprie idee, le proprie credenze, la propria spiritualità dentro ciò che fa.
Più interessante la risposta alla domanda su cosa sia la felicità. Felicità che si compone di piacere e di gioia;, ma mentre il piacere è passeggero, e per riprovare le stesse emozioni, le stesse sensazioni, serve sempre di più, la gioia invece è duratura.
“Fare figli è una delle cose più piacevoli che ci siano, ma crescere figli è la cosa che dà più gioia. Il bambino, fin da appena nato, ci costringe a prenderci cura di lui, e così facendo scopriamo la fonte della gioia: occuparci di qualcun altro, uscire da noi stessi.”
Non sarebbe possbile imparare la gioia occupandosi degli altri anche senza avere figli? Certo, ma quello è più difficile. Invece i bimbi, così carini, ti portano naturalmente ad occuparti di loro – almeno fino a che non diventano adolescenti, momento in cui ne faresti volentieri a meno! (parole di George Lucas, non mie!)
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