Piaccia o non piaccia, il nuovo presidente argentino è sicuramente uno che “canta fuori dal coro“. Libertario convinto, un po’ stile Ron Paul in USA, di quelli convinti che il mercato si regola da solo, e che “meno stato c’è e meglio è“, dal palco di Davos non si è limitato ad esprimere queste sue posizioni di lode sperticata del capitalismo e del libero mercato, ma ha fatto, nel suo esordio, un esplicito attacco al pericolo di socialismo serpeggiante che sta minacciando tutte le economie occidentali.

Ed è proprio l’esordio del suo discorso che lo rende particolarmente interessante: perchè ai più, che non hanno colto la minaccia “comunista(so che suona strano ma è proprio così, se si analizzano bene i piano del WF), una lode sperticata del capitalismo e del libero mercato poteva anche non sembrare un attacco diretto verso i piano di Schwab.

Ma con l’esordio al suo discorso ha voluto prima di tutto indicare il suo bersaglio: tutti coloro che predicano un collettivismo estremo, una centralizzazione dei beni di produzione, gli slogan alla “non possiederai nulla e sarai felice” sono ora chiaramente indicati come i nuovi statalisti, i nuovi burocrati, i nuovi comunisti che lavorano

  • contro la libera economia,
  • contro la libertà individuale,
  • contro il libero mercato
  • e, in ultima analisi, contro l’uomo.

E dichiararlo così apertamente dal palcoscenico di Davos non era per nulla scontato.