Cosa c’è di più bello che dare gratuitamente, liberamente, senza aspettarsi nulla in cambio? E cosa c’è di più bello che ricevere senza esserselo meritato, così, gratuitamente, senza aspettarselo? Non è forse un riprodurre, pur nel nostro piccolo, quell’Amore sconfinato e gratuito di Dio che, gratuitamente, ci ha dato la Vita, il Creato, e tutte le cose belle che contempliamo? Non diventiamo tutti quanti un pochino più “divini“, quando facciamo le cose gratuitamente, senza contropartita, per Amore?
Ecco il punto: per Amore.
Se l’Amore è gratuito, non per questo vale il contrario, e cioè che tutto ciò che è gratis è fatto per Amore.
Di questi giorni alcune notizie su Google che, prima, avrebbe licenziato un suo dipendente che aveva espresso opinioni non conformi alle linee guida su gender (ma che orrore! Come si fa a mettere i dubbiobio che nessuno nasce con un sesso ben definito, ma questo viene imposto dai dettami culturali? Non penserete mica ancora alla storiella dei masci e femmine, dei papà e delle mamme, no?), e poi avrebbe censurato posizioni analoghe e di sostegno a questo impiegato apparse in rete.
E come fa a censurarle? La rete non è libera, aperta a tutti? Certo. Se una persona qualunque digita, sulla propria barra indirizzi, www.ingannati.it, arriva sicuramente qui. Ma se vuole trovare un articolo che parli di argomenti che qui sono trattati, e magari non in sintonia con i dictat del pensiero dominante, magari la ricerca Google non pubblica questo sito, o lo mette molto avanti nella ricerca. Questo è quello che segnala un contatto Facebook trovato oggi:
“Non esistono pasti gratis al mondo” dice un vecchio adagio. Magari sono gratis per te che lo consumi, ma qualcuno, nel mondo, quel pasto lo ha pagato. E perchè?
Ne avevo già parlato anche in questo post, ma vale la pena ricordarlo. Ci sono svariati casi di società di servizi che hanno cominciato a dare servizi gratuitamente, Google ne è il capofila, e hanno così radunato platee di utenze inimmaginabili fino a soli pochi anni fa (Google ha una sua particolare “Hall of Fame”, stanza dei trovei, dove sono elencati i “One Billion Service”, cioè i servizi che hanno raggiunto – e magari superato – il MILIARDO di utilizzatori). In una economia “normale” chi dà servizi gratis non è destinato a durare più di tanto. E invece…
Pensate a Skype: regalando, di fatto il servizio di telefonia su IP, nonostante il suo fatturato fosse pochi centesimi ad utente, è stata comprata da Microsoft per un valore pari a oltre 100 $ / utente. La stessa cosa per Whatsapp, che addiruittura non fatturava nulla: acquistata da Facebook (anche loro danno un servizio gratuito) per circa 150 $/utente. OpenDNS: un servizio di DNS per il filtraggio dei siti, che perlopiù era gratuito, acquistati da Cisco a multipli assurdi, sempre rispetto al fatturato.
Si dice: si fa per la pubblicità: più utenti ho, più posso vendere spazi pubblicitari. E, in ottica prospettica, è sicuramente vero. Ma io non credo che ci sarà mai un break-even (pareggio) puramente economico: troppi investimenti e introiti minimi. Allora?
Credo che il ritorno sia da stimare su altre due piste.
La prima: quella finanziaria. Sapendo che tutto il mondo, prima o poi, finirà nell’online, gli investitori finanziari comprano sempre di più le azioni dell’economia digitale per abbandonare quelle dell’economia tradizionale. Pensate ad esempio a Facebook: valore in borsa di quasi 500 miliardi di dollari, a fronte di un fatturato di neanche 27. Nell’economia reale questo non avrebbe senso.
Ma ne esiste purtroppo un’altra, molto più insidiosa: e cioè che il potere di controllo che permettono questi colossi giustifica qualsiasi azione, qualsiasi dumping, qualsisasi investimento.
Un esempio? Tutti sapete che se cercate su Google una parola che corrisponde ad un sito, di solito, quel sito appare nella prima pagina dei risultati. Ora, un tale in USA sta organizzando una marcia di protesta e ha creato una pagina, March on Google, che si trova all’indirizzo corrispondente:
Ma se fate la ricerca “march on google” su google stesso, quel sito non vi appare in prima pagina, come si vede:
Possiamo lamentarci? No.
Se non siamo disposti a pagare, dobbiamo accontentarci di quello “che passa il convento“. Che ha il suo pieno diritto a fornirci quello che vuole (almeno però non pretendano di essere imparziali!).
Come diceva Ezra Pound: “Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui“. E come aggiungo io: “Se non siamo disposti a mettere mano al portafoglio per quello in cui crediamo, o non vale niente quello in cui crediamo o non valiamo niente noi“.
Oltre 2000 anni fa Fedro l’aveva detto: non puoi avere pasti caldi senza rinunciare a qualcosa. E se quel qualcosa è la nostra libertà, forse dovremmo pensarci bene, prima!
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Un lupo a chiazze molto magro e affamato incontra nel bosco un cane allegro e grassottello. I due si mettono a passeggiare e il lupo gli chiede come mai sia così pasciuto e lindo, dato che lui si considera il predatore più temuto della zona, e il cane gli risponde che ha un buon padrone. Infatti il cane custodisce il portone ogni notte, per impedir che i ladri possano entrare nella nobile casa e il padrone ricompensa il suo fedele con abbondanti pasti. Il lupo meravigliato esprime il desiderio di volersi trovare in una situazione simile e il cane lo invita nella sua casa.
Camminando, il lupo si accorge che il cane ha la pelliccia del collo rovinata e gli chiede il motivo; l’altro risponde che ciò è a causa del collare che il padrone gli mette il giorno per rimanere in casa e gli toglie la notte per fare la guardia; ma cerca di rinfrancarlo ricordandogli i sontuosi servizi che il lupo riceverà. Ma il lupo offeso dichiara che preferisce mille volte andare a zonzo dove vuole, piuttosto che essere governato da qualcuno con collari e roba simile.
Morale della favola: è più dolce essere liberi e poveri, che ben curati ma trattenuti.
Si sta riferendo per caso a Jason Damore? Trovo soltanto lui come dipendente Google recentemente licenziato per controversie di opinione, ma deve trattarsi di un’altra persona perche’ e’ un episodio assolutamente lontano dal contesto di questo articolo.
Jason Damore sostiene che Google esageri nel voler garantire la parita’ di genere.
Esempio semplificato: se servono dieci dirigenti, Google fa in modo (forzatamente) che cinque siano maschi e cinque siano femmine (o magari addirittura quattro/sei). Damore sostiene che questa parita’ di risultati sia sbagliata; bisognerebbe concentrarsi di piu’ sulla parita’ delle opportunita’ (tutti i candidati hanno avuto le stesse risorse a disposizione?) e magari valutare l’idea che le donne siano meno portate a cercare posizioni dirigenziali, pur avendo avuto le stesse capacita’ e possibilita’ della controparte maschile.
Opinione condivisibile e discutibile allo stesso tempo, ma certamente lontana anni luce dal “mettere i dubbiobio che nessuno nasce con un sesso ben definito, ma questo viene imposto dai dettami culturali?[…]”. Anzi, Damore si dichiara a favore della riduzione del gap di genere, dicendo semplicemente che gli sforzi attuali alla Google peccano di eccessivo idealismo. Tra le altre cose, sostiene proprio che si dovrebbe permettere anche agli uomini di essere piu’ femminili.
Tra l’altro lei parla di censura, mentre io sono riuscito tranquillamente a trovare l’articolo di Damore e opinioni a favore e contro proprio usando Google.
Potrebbe fornire un link che mi spieghi meglio gli eventi a cui fa riferimento in questo articolo?
Sono perplesso anche riguardo all’iniziativa march on google. Cercandone le parole chiave sul motore di ricerca il sito in se’ non e’ tra i primi risultati, ma per quel che ne so io non per motivi di censura. Semplicemente usando quelle specifiche tre parole chiave l’algoritmo trova risultati che ritiene piu’ rilevanti; non mi riesce difficile credere che la CNN sia valutata piu’ importante del sito stesso, se questo non ha molte visite.
Tra l’altro, ancora piu’ importante, i risultati sono gli stessi facendo la stessa ricerca con altri motori. Nessuno mostra il sito come primo link. Tutti d’accordo nella censura?
Sono invece perfettamente d’accordo sul fatto che nulla sia gratis. Google, Facebook, Twitter e tutti i servizi che ne derivano sono a pagamento. Li paghiamo in informazioni, e li paghiamo profumatamente. Tutto regolare eh, e’ scritto nei termini e condizioni di utilizzo. Che non vengono letti, ma ci sono comunque e hanno valenza legale. Il punto qui e’ che questi servizi hanno tutti gli interessi nel funzionare nel modo migliore possibile: non censurano niente; anzi, molto spesso lasciano passare troppo proprio perche’ non vogliono rischiare di inimicarsi gli utenti, anche quelli piu’ controversi.
Mi sbaglio, o nella conclusione ammicca a una soluzione alternativa a questi servizi? Come posso fare se per esempio voglio aggirare l’ipotetica censura di Google?
Grazie delle osservazioni.
No, non ipotizzo nessuna soluzione alternativa. Solo, chiedo sia presa coscienza del LORO diritto di fare quello che vogliuno, e se a noi non sta bene non possiamo lamentarci.
Claudo Hopkins, caposcuola dei pubbliciutari americani, uomo di straordinario successo di vendite, viene a dire nel suo libro “Scientific Advertising” (Pubblicità scientifica) scritto verso il 1923, al capitolo XIII L’uso di campioni gratis:
“I campioni gratis sono di fondamentale importanza. Costituiscono di solito il più economico dei metodi di vendita.
Il campione gratis o omaggio, non si applica solo a prodotti piccoli, in qualche modo si può applicare a quasi tutto. I campioni gratis rispondono a numerose e importanti finalità: Permettono che si usi la parola “Gratis”negli annunci. Questo moltiplica enormemente il numero di lettori. La maggior parte dei lettori vuole informarsi rispetto a qualunque offerta gratuita. I tests infatti mostrano con frequenza che i campioni omaggio pagano se stessi, spesso varie volte, moltiplicando il numero dei lettori dell’annuncio senza costo addizionale di spazio…”
Le cose non sono affatto cambiate con l’andare dei decenni.