Fra le varie letture che si possono fare del peccato originale, vicenda che riguarda, volenti o nolenti, almeno la metà dell’umanità (se le tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo ed Islam riconoscono tutte nella Bibbia un testo sacro), ne ho trovata una molto interessante dell’amico Daniele Berti (Yoga della risata, Palestra della felicità, presente anche con un corso online, intervistato anche qui).
Di cosa si tratta? In sostanza, nel discorso del serpente, si possono rintracciare gli esatti ingredienti che ci allontanano dalla nostra felicità: cosa che torna abbastanza con la cacciata dal paradiso terrestre, l’abbandono di un luogo di felicità per definizione per finire in un mondo di lavoro, fatica, sudore, insoddisfazione, in una parola: l’infelicità.
E quali sarebbero questi elementi essenziali alla nostra felicità che, seguendo le parole del serpente, andiamo a perdere?
Copio dal libro che ha scritto Daniele: “Da Homo Sapiens a Homo felix: L’evoluzione della specie”, non ancora stampato ma che ho avuto in anteprima:
-oOo-
…la cosa straordinaria è che la vicenda del Peccato Originale, in realtà, ci descrive proprio quelle quattro, semplici regole da seguire per essere felici. Non dico quattro per dire che sono poche, ma proprio perché sono solamente quattro.
Così, semplicemente imparando a rispettare queste quattro leggi possiamo ritrovare qui, in questa vita, il paradiso terrestre.
E ora fai attenzione, basta guardare alla vicenda con un po’ di buon senso, semplicemente leggendo quanto sta scritto per capire che nel racconto, naturalmente attraverso una metafora, ti viene spiegato per filo e per segno tutto quello che devi fare per essere felice.
Imparando a rispettare queste regole è inevitabile essere felici e quando sei felice diventi consapevole che questa terra è un vero e proprio Paradiso Terrestre nel quale hai tutte le possibilità e tutto ciò che ti serve per vivere con gioia ogni momento della tua vita. Insomma anche la Bibbia, che usa la mela come semplice strumento narrativo che non c’entra nulla con il vero e proprio contenuto di questa metafora, non solo ti spiega che cosa devi fare per essere felice ma, come vedremo, ti conferma che il fatto di essere felice dipende solo da te.
Tu puoi scegliere di vivere nel Paradiso Terrestre oppure puoi scegliere di vivere tra atroci dolori e sofferenze. Tutto dipende dalle scelte che tu fai momento per momento e penso che proprio questo sia il significato del libero arbitrio: sei tu che puoi scegliere di essere infelice oppure felice.
Vediamo la questione nel dettagli seguendo passo passo la vicenda.
Il tutto inizia con il serpente che tenta la povera Eva e per convincere Eva a mangiare la mela usa delle parole ben precise.
Ecco le parole del serpente : “Dio sa che nel giorno che ne mangiaste, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male” e in queste parole ci sono già le prime tre regole.
1) LA FELICITÀ È QUI E ORA
“Dio sa che nel giorno che ne mangiaste“
Che cosa sta dicendo il serpente?
In primo luogo, il serpente che conosce bene le tecniche di persuasione tira in ballo il Principio di Autorità e poi dice ad Eva: “Ora tu non puoi essere felice, potrai essere felice solamente quando mangerai di quei frutti”.
Oggi anche i bambini, o quasi, sanno benissimo che solo nel “Qui e ora” esiste la felicità e il rimandare la felicità ad un ipotetico domani è uno dei metodi più sicuri per essere sempre infelici. Il fatto è che l’addestramento al quale siamo tutti sottoposti non fa altro che farci vedere la felicità come premio ad un traguardo da raggiungere e non come strumento di vita.
Fin da bambini quando esprimiamo un desiderio che per un qualsiasi motivo, secondo qualcuno che è molto più grande e più potente di noi, non può essere esaudito, ben difficilmente quel qualcuno si preoccupa di spiegare con la logica per quale motivo quel desiderio non può essere esaudito in quel momento preciso, ma automatica scatta la risposta: “questa cosa la potrai fare o ottenere quando – avrai finito di fare i compiti –quando sarai più grande – quando ti sarai sposato – quando vivrai a casa tua – quando sarai diventato ricco, ecc”.
Insomma per ottenere qualcosa di cui senti la necessità, la prima cosa che devi fare è di aspettare o di fare in modo che qualcos’altro si concretizzi. A te la questione non è ben chiara, ma quello che capisci subito è che di sicuro il tuo desiderio, nel momento e nel luogo nel quale tu lo esprimi, non può essere esaudito e se non può essere esaudito i casi sono due: o il tuo è un desiderio sbagliato, oppure sei proprio tu ad essere sbagliato.
Capisci ora che, una volta ben addestrato in questo modo, è gioco facile per chiunque adottare le motivazioni più diverse, per farti fare quello che vuole lui con la promessa che un domani otterrai quello che a te serve in questo momento.
Nel condurre questo gioco la pubblicità è una grande maestra e continuamente non fa altro che farti credere che otterrai la tua felicità solo quando sarai entrato in possesso di quell’oggetto o di quel servizio che ti sta vendendo.
A questo proposito ricordo un’intervista di qualche tempo fa rilasciata da un guru della pubblicità che si è lasciato sfuggire questa affermazione: ”Se noi veramente rendessimo felici i nostri clienti, per noi sarebbe la rovina assoluta.”
Fatto sta che, una volta ottenuto il magico oggetto che doveva darti la felicità, non ti serve molto tempo per capire che la tua realtà non è di molto cambiata e per raggiungere la felicità devi ripartire per una nuova avventura, o forse sarebbe meglio dire per una nuova disavventura.
La prima regola da imparare per essere felici è quindi quella di imparare a vivere nel “qui e ora”. Allo stesso modo, quando la tua mente comincia a vagare nel passato e ti rammarichi per tutto ciò che avresti voluto fare e non hai fatto, non stai vivendo nel qui e ora e quindi stai rinunciando alla tua felicità. Quando speri che il tuo biglietto della lotteria sia quello vincente, a parte i pericoli che corri in caso di vincita, non stai vivendo nel qui e ora.
E ora che sei consapevole di questo fatto, ti diventa molto semplice portare la tua attenzione a questo aspetto e mettere in pratica questa prima legge.
Quando la mente sta viaggiando per i fatti suoi allontanandoti dal “Qui e Ora” la tecnica più facile, potente ed efficace per ritornarci è quella di fare delle semplici respirazioni profonde portando tutta l’attenzione al respiro.
…
2. RICONOSCI LE TUE POTENZIALITÀ
La seconda regola la troviamo nella frase successiva con la quale il serpente dice “sarete come Dio“
Che cosa sta dicendo ora il serpente? Il serpente dice ad Eva: “Tu Eva così come sei non vai bene, non hai nessuna speranza, se vuoi essere felice devi diventare come Dio”.
Anche qui, con un semplice ragionamento puoi capire che il desiderio diabolico di voler essere come Dio, il tristemente famoso peccato di superbia, non è il nodo di tutta la questione, in realtà è tutto molto più semplice e più banale.
…
Ma il vero peccato che commette Eva, seguita a ruota da Adamo, non è tanto quello di voler diventare come Dio bensì quello molto più banale di non accettarsi per quella che è.
Nessuno è perfetto, ma insieme a qualche “difetto” ognuno di noi ha anche delle straordinarie potenzialità e a guardar bene si scopre che, proprio facendo leva sui propri limiti, le proprie potenzialità possono raggiungere traguardi straordinari senza
alcun bisogno di diventare come Dio e questo in termini tecnici si chiama: senso di auto-efficacia: sono la persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto e sono felice di essere qui a fare quello che sto facendo.
Anche in questo caso, purtroppo fin da bambini, siamo sottoposti ad un intenso e martellante addestramento: Carlo è più bravo di te, Margherita è più magra di te, Antonio gioca meglio a calcio e Luisa suona meglio il violino, invece Marco è più educato e Camilla è più gentile: in pratica, che tu ti chiami Luca o Federica, Simone o Deborah sei proprio una frana, non sei capace di fare niente tranne che combinare guai, fare figuracce e farle fare anche al papà e alla mamma e questo, oltre che farti star male sul momento, diventa una tua profonda convinzione.
Così, più diventi grande più ti confronti con gli altri, più ti senti inefficace, incapace e immeritevole di qualsiasi cosa, e più vorresti essere qualcun altro. Figuriamoci poi se, in queste condizioni, avrai mai la possibilità di essere felice e così invece di cercare di capire quello che tu puoi fare con quello che hai a disposizione, cerchi di imitare le doti di qualcun altro, che magari ti sta pure antipatico ma piace tanto a mamma e papà.
E se il non accettarti per quello che sei e il cercare di essere simile a qualcun altro è la seconda legge che garantisce l’infelicità ecco che se vuoi essere felice devi fare esattamente il contrario.
Nessuno è perfetto ma quelli che ora vivi come dei limiti insormontabili potrebbero essere proprio la chiave per mettere in moto le tue vere potenzialità e proprio solamente questo
comportamento ti potrà permettere di esprimerti per quello che veramente sei in tutto il tuo straordinario potere creativo.
Ecco quindi la seconda regola da rispettare “Apprezzati per quello che veramente sei e vivi la tua vera vita coltivando la tua auto-efficacia”.
Vedremo più avanti quali esercizi puoi fare per sviluppare la tua auto-efficacia.
3. LA REALTÀ DEL GIUDIZIO
Arriviamo così alla terza frase del serpente che dice “avendo la conoscenza del bene e del male“.
E con questo, il serpente dà il colpo finale o meglio dà due potenti colpi bassi in una sola volta. Il serpente dice ad Eva: “Solo quando potrai giudicare tra il bene ed il male potrai essere come Dio” e se questo è il primo colpo, con questo sferra contemporaneamente anche il secondo, facendo credere ad Eva che il potere di distinguere tra il bene e il male le conceda anche la possibilità di governare la realtà.
Il vero problema è che i problemi sono addirittura due. La realtà non è né bene né male, la realtà non è né buona né cattiva, la realtà è quella che è e basta; a ciò devi aggiungere che, in ogni caso, il giudicare la realtà non ti permette assolutamente di governarla per il semplice fatto che nel momento in cui esprimi il giudizio, ciò che giudichi è già accaduto e non lo potrai comunque cambiare.
Quello che è peggio è che, quasi sempre, il semplice e apparentemente innocente fatto di esprimere un giudizio negativo ti condurrà, senza che tu te ne accorga, in una situazione di paura, di dolore, di rabbia, di stress e come abbiamo già detto “Lo stress ti rende stupido”.
Così invece di agire nella realtà per ottenere dalla realtà il meglio che ti può offrire, ti trovi spinto a re-agire facendoti travolgere dalla realtà stessa e complicando ulteriormente tutta
la questione.
Per questo, invece di perdere tempo ed energie a giudicare ciò che comunque non puoi cambiare, ti risulta molto più utile e costruttivo analizzare la realtà, cercare di capire che cosa la realtà ha provocato in te (paura – rabbia – dolore – disgusto) e allora potrai decidere come agire per impiegare al meglio le tue potenzialità e ottenere, anche in una situazione difficile, energia e strumenti per risolvere il problema e coltivare la tua felicità.
E se questo vale per i fatti che accadono, vale ancor di più per la tua realtà personale.
Nessuno è perfetto ma non è che passando il tempo a giudicarti e a condannarti per quelli che ritieni degli errori, impari a non farli più. Se non vuoi più compiere quelle azioni o tenere quei comportamenti che ti fanno soffrire, la cosa migliore che puoi fare è imparare a compiere azioni diverse e ad assumere comportamenti diversi.
A questo punto è bene ricordare che il giudizio ha uno stuolo sterminato di figli ancora più infidi e pericolosi: i pregiudizi.
Se investire tempo e risorse nel giudizio di qualcosa che conosci è del tutto inutile, quando i tuoi pensieri, le tue azioni e i tuoi comportamenti sono guidati dai pregiudizi, la tua re-azione è governata da qualcosa che addirittura non conosci. Solo pensandoci un momento ti rendi conto di quanto questo comportamento sia veramente, tragicamente buffo.
Ecco quindi la terza regola da rispettare: “Abbandona il giudizio” e accogli la realtà per quello che è.
…
Sai bene quanta fatica costa portare un cambiamento dentro di te ma pensi e speri che, semplicemente giudicando una persona, oppure offendendola pesantemente, sia possibile far cambiare un’altra persona. Non ti sembra che in questo ci sia qualcosa di veramente comico?
Come non hai la bacchetta magica per cambiare la realtà, così non hai la bacchetta magica per cambiare le persone e allora la cosa più saggia da fare è quella di cambiare i tuoi comportamenti nei confronti di quella persona. Che cosa provoca in te il comportamento di quella persona? E tu che cosa puoi fare perché quel comportamento non ti crei più ansia, paura, timore, rabbia?
4. RICONQUISTA LA TUA FELICITÀ
Poi, come ben sappiamo, Eva mangia la mela e la fa mangiare anche ad Adamo ed ecco che non avendo rispettato i tre principi base della felicità nascono il senso di colpa e la
vergogna. Infatti appena dopo aver mangiato la mela devono coprirsi con le foglie di fico ed ecco subito comparire Dio che dice: “Chi ti ha detto che eri nudo?”
Non contenti di vivere nel qui e ora e desiderando di essere diversi da quello che erano, scoprono il giudizio e così subito si vergognano della loro nudità, quella nudità che fino a cinque minuti prima non rappresentava assolutamente un problema.
E quando Dio richiama Adamo alla realtà la risposta di Adamo, che ci svela la quarta legge, è esemplare di chi vuole essere infelice:
“La donna che tu mi hai dato mi ha dato del frutto dell’albero e io ne ho mangiato”.
Adamo non dice, si mi è venuta voglia di assaggiarlo, lo ho assaggiato è successo un disastro, scusami non ne mangerò più!!! Ma delega completamente e doppiamente la sua responsabilità.
Adamo dice che non è colpa di Adamo se Adamo ha mangiato la mela ma la colpa è addirittura di Dio che ha messo al suo fianco la donna che infidamente lo ha tentato.
Eva, che già fin da allora per certe cose aveva un po’ più di buon senso di Adamo, senza tirare nuovamente in ballo Dio, si limita a dire “Il serpente mi ha tentato e io ne ho mangiato”.
Ed ecco la quarta regola da rispettare per essere felici: la tua felicità dipende solo da te e per fare questo tu devi assumerti la responsabilità delle tue azioni, sei tu che devi scegliere qual è la tua felicità. Se lasci che siano gli altri a decidere come tu devi essere felice, ben difficilmente lo potrai essere. Ma anche in questo caso un intenso, costante, e inflessibile addestramento ci ha abituati ad essere responsabili di nulla, ricordi il principio di autorità?
Qualsiasi scelta ci troviamo a fare c’è sempre qualcuno che ci dice che cosa dobbiamo fare: fai quello che ti dice la mamma, fai quello che ti dice la maestra, fai quello che ti dice l’allenatore, tu non devi pensare ma devi solo obbedire.
Poi, anche quando sei più grande e finalmente, come ti era stato promesso, puoi fare quello che vuoi, siccome non ti è mai stato permesso di fare una scelta proprio non sai che cosa fare per poter fare una scelta.
Ciao Alberto.
Piacevole storiella che lascia pensierosi più che contenti.
Il momento in cui c’è stato (o sempre c’è?) un atto di conoscenza discriminante, che quindi derivi dal sistema sensoriale, l’uomo perde energia. Mentre ogni volta in cui c’è un atto di conoscenza intuitiva, che quindi deriva dal metafisico, l’uomo acquista forza.
Ecco perché nel primo caso l’uomo deve compensare questa perdita di energia fisica con altra energia esterna a lui con fatica e lavoro, mentre le risorse necessarie al sostentamento nel secondo caso derivano dalla materia che è governata dal metafisico.
La fatica deriva dall’allontanamento dal metafisico, ecco perché Adamo si sente di colpo separato da Dio oltre che dagli altri esseri, infatti comincia ad accusare Eva e Dio stesso della sua disgrazia.
Una domanda che pongo è la seguente: ma il serpente ha detto la verità?
Se la risposta è si, allora non lo si può considerare esterno all’uomo, bensì una parte di esso, almeno fino all’atto di conoscere il bene ed il male… ops, chiedo scusa, prima di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (che non era una mela), come era Dio per l’uomo sempre prima del fattaccio.
Grazie alla conoscenza discriminante c’è una esaltazione dell’individualità e della materia, che la costituisce: ecco perché la caduta e allontanamento dalla spiritualità.
L’uomo può quindi riguadagnare la conoscenza che viene dallo spirito semplicemente considerando unicamente come vere le conoscenze che provengono dall’intuizione, anche se risultano paradossali a quella discriminante.
Cibandosi dei frutti provenienti dalla conoscenza discriminante (agricoltura, farmacia, medicina, industria, etc.) non è chi non veda che l’uomo si è costretto alla dispersione della sua energia.
Per quanto riguarda la ricerca della felicità tramite la conoscenza discriminante ti posso preannunciare il sicuro insuccesso.
Posso così fare un’altra domanda: ma siamo sicuri che stiamo cercando la felicità, che somiglia più al concetto di fecondità (quindi verso l’esterno di noi), piuttosto che la contentezza, che ha in se il significato di appagamento interiore?
Condivido quanto scrivi. In effetti la parola felicità deriva dal latino felix che significa fertile, fecondo, fruttifero: in questo senso è diversa da contentezza, come dici tu. Però il fatto di essere fecondi non lo trovo negativo: siamo un tutt’uno, e la nostra fecondità si riversa e completa su chi ci sta intorno; e la felicità non esiste se non condivisa. La contentezza sì (credo). Per questo preferirei la felicità alla contentezza (anche se chi si accontenta gode 🙂 )
Che il serpente non dicesse la verità ci è evidenziato proprio dal testo. Infatti esordisce dicendo: “è vero che Dio vi ha detto che se mangerete dell’albero morirete?” Sapeva benissimo che non era vero….
Intuizione: lo credo anch’io che dovremmo fidarci molto di più del sentito che non della conoscenza discriminante (anche se io non butterei via proprio tutto…. ma insomma, ci arriverò!)
Inter nos: ti racconto un episodio banale che però tu non disprezzerai. A spasso col cane, nella passeggiatina serale vicino a casa, noto un’auto parcheggiata coi fari accesi. L’avrà lasciata qualcuno quando c’era ancora luce, e non si è accorto/a che aveva i fari accesi, e domattina la troverà con la batteria scarica: cavi, ritardo al lavoro, rottura di balle, ecc. Allora mi dico: faccio il bravo, e suono ai campanelli per informare della cosa. Suono il primo, aspetto: nessuna risposta. Suono il secondo, aspetto, chiedo: no, non è loro la macchina. Esaurisco i 4 campanelli della prima palazzina e mi sposto più in là. Altra quadrifamiliare, alcuni rispondono sospettosamente, cosà vorrà questo a quest’ora, vabbeh, pazienza. Dopo una decina di minuti di inutili tentativi, comincio a stufarmi, arrivo ad una fila di campanelli di un condominio: 24! Accidenti mi dico… dovrò mica farmeli tutti? Allora penso: cosa farebberero i bambini di Kommissarov? Si fiderebbero del loro istinto!
Allora (tanto non mi vede nessuno) faccio così: chiudo gli occhi, decido di suonare un solo campanello, e desidero che sia quello giusto. Allungo la mano, schiaccio il campanello e riapro gli occhi: era addirittura senza nome, cioè senza etichetta! vabbeh, penso fra me e me, stiamo a vedere. 20 secondi e una signora risponde. “Scusi, è sua la Ford blu? Sa, ci sono i fari accesi…” ” Sì, grazie 1000! Molto gentile, adesso vengo giù a spegnerli!”.
vabbeh, niente di che, ma insomma, mi ha colpito.
Benissimo Alberto: benvenuto nella nuova frontiera della Scienza (la scienza dello spirito)!
Anche se c’è ancora un po’ di confusione tra istinto, intuito e sentimento, sei sulla strada giusta per combattere la dispersione.
Saluti a tutti, nessuno compreso.
PS: Il serpente dice la verità (creatura di Dio è!).
Il serpente non dice la verità, perchè è padre della menzogna e scimmia di Dio. Quanto dice Berti offre spunti interessanti ma quando dice che non bisogna giudicare… “Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che Dio ci ha donate; e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali.
Ma l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente. L’uomo spirituale, invece, giudica ogni cosa ed egli stesso non è giudicato da nessuno.” 1° Corinzi 2:12
La felicità non si raggiunge con tecniche di alcun tipo e comunque non in questa vita se vogliamo seguire Gesù: “«In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».
Questo vale se si è convinti che il serpente ha torto, altrimenti si segue il serpente ma dubito che porti alla felicità…
Io non credo che seguire Gesù sia incompatibile con la felicità: anzi, penso che sia proprio la strada migliore per la felicità. Che poi si sia sottoposti a persecuzioni, incomprensioni, emarginazione, ecc., non impedisce di avere comunque la felicità.
certo Alberto,
ma il senso dell’articolo di Berti mi sembra diverso, magari ho capito male.